I costi gravanti sul datore di lavoro in caso di licenziamento del lavoratore. Tipologie ed esenzioni
Tra i costi economici gravanti sul datore di lavoro vi è certamente anche il cosiddetto ticket licenziamento, ossia quel contributo dovuto in tutti i casi in cui c’è un’interruzione del rapporto di lavoro per volontà del datore di lavoro. La legge di bilancio 2018, inoltre, ha previsto un aumento dell’aliquota contributiva a carico dei datori di lavoro per finanziare il ticket di licenziamento. Ma cerchiamo di comprendere meglio cos’è il ticket di licenziamento, come va pagato e i casi di esenzione.
Ticket licenziamento: cos’è?
Come anticipato il ticket licenziamento è quel contributo a carico delle aziende e dei datori di lavoro introdotto dalla cosiddetta Riforma Fornero [1] in tutti i casi di interruzione del rapporto di lavoro ad esclusione del caso in cui è il lavoratore a presentare le dimissioni o nel caso di risoluzione consensuale del contratto di lavoro. Il contributo si applica a tutte le interruzioni del rapporto a tempo indeterminato che danno diritto alla Naspi (nuova assicurazione sociale per l’impiego), compresi, dunque, gli apprendisti nei casi di recesso alla fine del periodo di apprendistato.
L’introduzione del ticket licenziamento è derivata dall’abrogazione dell’indennità di mobilità: così il contributo d’ingresso alla mobilità per i licenziamenti collettivi, dal 1° gennaio 2017 è stato sostituito dal ticket di licenziamento che ha una duplice finalità:
finanziare la Naspi, ossia l’indennità di disoccupazione che l’Inps riconosce a chi perde il lavoro;
scoraggiare i licenziamenti.
Il datore di lavoro, dunque, a seguito del licenziamento, è tenuto a versare il ticket commisurato al massimale mensile di Naspi (che nei rapporti di lavoro della durata pari o superiore a 36 mesi è di 1470 euro).
Ticket licenziamento: come va pagato?
Il ticket licenziamento, in tutti i casi in cui è dovuto, va pagato in un’unica soluzione entro il 16° giorno del secondo mese successivo all’interruzione del rapporto lavorativo con un importo che varia in base all’anzianità di servizio del dipendente. Non è previsto il versamento rateale. Infine, il contributo di licenziamento è dovuto nella stessa misura sia per il licenziamento di un lavoratore a tempo pieno sia per quello a tempo parziale.
Ticket licenziamento: quando non è dovuto
Il contributo non è dovuto nel caso di licenziamento di un collaboratore domestico, un operaio agricolo o un operaio extracomunitario stagionale. Il datore di lavoro non è tenuto al pagamento del ticket se il rapporto di lavoro cessa per scadenza del termine di un contratto a tempo determinato, né nel caso di decesso del dipendente.
Ticket licenziamento: novità 2018
Come anticipato, il ticket di licenziamento dal 1° gennaio 2018 è stato raddoppiato per le imprese che rientrano nell’ambito di applicazione della Cassa Integrazione Guadagni Straordinari e fanno ricorso ai licenziamenti collettivi. L’importo può essere addirittura triplicato nel caso in cui il licenziamento sia avvenuto senza il previo raggiungimento di un accordo sindacale. Tuttavia, non rientrano nell’aumento indicato i licenziamenti collettivi avviati entro il 20 ottobre 2017 [2]. Per i licenziamenti individuali, invece, il ticket di licenziamento continua ad avere un importo pari al 41% del massimale mensile Naspi.
note
[1] Legge n. 92/2012.
[2] in base all’articolo 4 della legge 223/1991.