Esempi di licenziamento in tronco: quali sono i comportamenti del lavoratore dipendente che comportano la perdita del posto di lavoro?
Quali sono i motivi di giusta causa per licenziare? Si può licenziare essenzialmente per due ragioni. La prima è per motivi disciplinari, legati cioè a gravi comportamenti del dipendente che rompono il rapporto di fiducia con il datore di lavoro. La seconda è per motivi legati alla produzione, all’organizzazione o all’andamento dell’azienda e, di solito, trovano origine in fattori di crisi o di ristrutturazione dell’impresa.
Quanto ai motivi disciplinari, la legge distingue due tipologie di licenziamento. Innanzitutto ,c’è quello per giusta causa, ossia per le condotte più gravi che non consentono la prosecuzione del rapporto lavorativo neanche per un solo giorno e che, pertanto, danno luogo a un licenziamento in tronco, senza cioè preavviso. C’è poi il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, per le condotte meno gravi, che obbligano il datore di lavoro a dare il preavviso prima del licenziamento.
La valutazione della gravità della violazione disciplinare del dipendente – tale cioè da determinare il licenziamento per giusta causa – è rimessa alla valutazione del giudice: la legge non fornisce chiarimenti in merito. Sicché, per stabilire quali sono i motivi di giusta causa per licenziare bisogna andare a spulciare tra le sentenze della Cassazione in modo da potersi fare un’idea.
Ecco allora alcune indicazioni che potranno aiutare a districarsi in questo argomento.
Quali sono le cause di licenziamento per giusta causa?
La giusta causa di licenziamento si verifica in tutti quei casi in cui il comportamento posto in essere dal dipendente è tale da non consentire la prosecuzione «neanche provvisoria del rapporto di lavoro» (art. 2119 cod. civ.).
La mancanza del dipendente va valutata sulla base di una serie di parametri come le conseguenze per l’azienda e l’eventuale sussistenza di un danno, l’intenzionalità della condotta da parte del dipendente, le circostanze in cui questa è stata posta in essere, la natura del rapporto e le mansioni specifiche del lavoratore (tanto più apicali sono, tanto più è valutata seriamente la sua mancanza).
A stabilire quali sono le condotte che determinano un licenziamento in tronco (o «per giusta causa») può essere il contratto collettivo nazionale, ma l’elencazione non può essere esaustiva. È la legge stessa infatti che prevede la possibilità di licenziamento immediato tutte le volte in cui il dipendente lede la fiducia del datore impedendo così la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro.
Quando ricorre il licenziamento per giusta causa?
Possiamo dire che il licenziamento per giusta causa ricorre solo quando la mancanza di cui il dipendente si è reso responsabile riveste una gravità tale che qualsiasi altra sanzione risulti insufficiente a tutelare l’interesse del datore di lavoro, e quando il comportamento del lavoratore si traduce nella grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro, in particolare dell’elemento della fiducia che deve sussistere tra le parti.
Motivi di licenziamento per giusta causa
Qui di seguito vedremo alcuni dei casi più tipici di licenziamento per giusta causa o in tronco. Lo faremo sulla base delle principali pronunce sul tema.
Rifiuto di svolgere le mansioni e insubordinazione
Una delle ipotesi tipiche che giustifica il licenziamento per giusta causa consiste nel rifiuto ingiustificato del dipendente di svolgere il proprio lavoro o di svolgere le nuove mansioni allo stesso assegnate dal datore di lavoro.
È anche il caso del dipendente che, trasferito in un’altra sede, si rifiuti di prestare servizio nella nuova postazione senza che vi sia un oggettivo impedimento. Difatti, qualora il lavoratore dovesse ritenere illegittimo il trasferimento, dovrebbe prima ricorrere al giudice per far annullare il provvedimento del datore di lavoro.
Un’altra ipotesi è quella dell’abbandono ingiustificato del posto di lavoro protrattasi per molto tempo quando abbia arrecato gravi conseguenze all’azienda (si pensi all’allontanamento della guardia giurata).
Violazione obbligo di fedeltà
Il dipendente è tenuto ad essere fedele al proprio datore. Quindi, può essere licenziato per giusta causa se svolge attività in concorrenza con il datore, o nel caso in cui rivela segreti commerciali ad un concorrente. Il dovere di fedeltà sussiste solo finché il rapporto di lavoro è in essere, cessando con la fine del rapporto (salvo la sussistenza di un patto di non concorrenza).
Il dovere di fedeltà non è tuttavia violato ogni volta che il lavoratore svolge un’altra attività lavorativa ma solo quando questa è potenzialmente in concorrenza con quella del proprio datore.
Fatti estranei all’attività lavorativa
Il dipendente deve comportarsi bene non solo al lavoro ma anche al termine dell’attività, non potendo porre in essere azioni che possano ledere l’immagine dell’azienda. Si pensi all’insegnante d’asilo sorpresa a spacciare o al dipendente di banca che pratichi usura.
Quindi, anche i reati commessi al di fuori dal lavoro, nella vita privata, non attinenti alla prestazione, ma che comunque possono danneggiare il datore, hanno rilevanza disciplinare e possono giustificare – se gravi – un licenziamento per giusta causa.
Sottrazione di documenti o di file
La giurisprudenza ritiene che la sottrazione di documenti aziendali sia configurabile come una giusta causa di licenziamento. Si pensi al dipendente che trasferisca dalla propria e-mail aziendale dei file lavorativi sull’e-mail personale o su quella di una terza persona.
Diritto di critica
Il dipendente può criticare il datore di lavoro ma nei limiti della continenza: non può cioè arrivare a lederne l’immagine commerciale.
Altri esempi di licenziamento per giusta causa
Ecco altri comportamenti che possono comportare il licenziamento per giusta causa:
- falso certificato di malattia;
- reiterata assenza alla visita fiscale;
- utilizzo dei giorni di permesso ex Legge 104/92 per fini personali;
- sottrazione di merce aziendale;
- omesso rilascio dello scontrino fiscale;
- eccessivo utilizzo di Facebook durante il lavoro;
- utilizzo dei rimborsi benzina per viaggi personali;
- svolgimento di una diversa attività lavorativa nel periodo di congedo parentale;
- trasferimento su una pennetta Usb di un numero rilevante di dati (come nomi dei clienti, progetti, anche se non divulgati a terzi);
- manomissione dei beni aziendali (nella fattispecie, il distributore di alimenti e bevande);
- spaccio di droga nell’ambiente di lavoro;
- rifiuto a prendere lavoro nella nuova sede;
- litigio fisico con i colleghi;
- imprecazioni e minacce nei confronti del datore di lavoro;
- rifiuto di svolgere l’attività richiestagli dal superiore, voltandogli le spalle e andandosene dopo averlo insultato;
- utilizzo in modo improprio della “tessera fedeltà” per acquisti di clienti sprovvisti della carta, con conseguente accumulo in proprio favore dei punti necessari al ritiro dei premi;
- falsa attestazione del badge delle presenze per sé o per i colleghi;
- falsificazione del cronotachigrafo;
- utilizzo di frasi ingiuriose all’indirizzo del capo, percepite da altri colleghi;
- atti intimidatori e lesivi della libertà di altri lavoratori che non partecipano ad uno sciopero.