Patto di non concorrenza: quale corrispettivo minimo va pagato?

Datore di lavoro e lavoratore possono firmare un accordo che vieta al dipendente di fare concorrenza all’azienda dopo la fine del rapporto di lavoro.
Hai deciso di dimetterti dal tuo attuale posto di lavoro. Sei, però, consapevole di aver firmato un patto di non concorrenza che ti impedisce di lavorare presso aziende concorrenti. Reputi che il corrispettivo erogato dal datore di lavoro sia irrisorio e ti chiedi cosa puoi fare per tutelare i tuoi diritti.

In casi come questo occorre verificare se il corrispettivo pagato dal datore di lavoro a fronte del patto di non concorrenza sia congruo. Ma quali criteri occorre utilizzare? Quale corrispettivo minimo va pagato in caso di vincolo di non concorrenza? Non esiste un numero fisso da indicare come corrispettivo congruo per il patto di non concorrenza in quanto la congruità della somma di denaro erogata deve essere verificata con riferimento alle caratteristiche del vincolo assunto dal lavoratore.

Obbligo di fedeltà: cosa si intende?
La protezione del proprio know how e dei propri segreti industriali è un tema molto sentito da parte delle aziende. Non può sfuggire, infatti, che l’eventuale diffusione all’esterno di alcune informazioni riservate dell’azienda può determinare dei danni incalcolabili sia sotto il profilo commerciale che su quello della concorrenza.

I lavoratori, soprattutto coloro che sono impiegati in mansioni delicate e di responsabilità, hanno accesso ad una serie di informazioni riservate che caratterizzano la gestione del business aziendale e potrebbero farne un uso distorto, contrario agli interessi del datore di lavoro.

Per questo la legge [1] prevede che, per tutta la durata del contratto di lavoro, il lavoratore debba mantenere il più assoluto riserbo sulle informazioni riservate apprese in costanza di rapporto. Inoltre, il dipendente non può svolgere, sotto nessuna forma, attività concorrenziali con quelle svolte dal datore di lavoro.

Tali obblighi sono ricompresi nel generale obbligo di fedeltà al datore di lavoro.

Patto di non concorrenza: cosa si intende?
Per rafforzare la propria tutela contro il rischio di attività concorrenziali da parte del proprio dipendente, il datore di lavoro può proporre al lavoratore di sottoscrivere, sia all’inizio, che durante, che alla fine del rapporto di lavoro, un patto di non concorrenza.

Si tratta di un accordo tramite il quale il lavoratore si impegna, per un determinato lasso temporale successivo alla fine del rapporto di lavoro, a non svolgere attività in concorrenza con il suo ex datore di lavoro.

L’oggetto, l’estensione geografica e la durata del vincolo sono stabiliti dalle parti nell’accordo stesso.

La legge [2], tuttavia, pone una serie di limiti alla legittimità di simili accordi. Un patto di non concorrenza dal perimetro troppo ampio, infatti, potrebbe rischiare di svuotare del tutto la possibilità di reimpiego da parte del dipendente.

Per questo, la legge esige che il patto di non concorrenza:

  • abbia una durata massima di 5 anni per i dirigenti e di tre anni per i lavoratori assunti con le altre categorie legali di inquadramento;
  • abbia un territorio ed un oggetto definiti;
  • preveda la corresponsione di un congruo corrispettivo per il lavoratore;
  • non impedisca di fatto al dipendente di reimpiegarsi;
  • sia stipulato in forma scritta.

I predetti requisiti devono essere posseduti dal patto sotto pena di nullità. Ne consegue che se il patto prevede un corrispettivo irrisorio, oppure ha un’estensione oggettiva eccessiva, oppure non è delimitato geograficamente è nullo.

Patto di non concorrenza: quale corrispettivo minimo va pagato?
Per quanto concerne il corrispettivo, la legge non indica (né potrebbe farlo) l’ammontare del corrispettivo da liquidare al dipendente a fronte del vincolo assunto ma si limita ad esigere che tale emolumento sia congruo.

La congruità va riferita al perimetro del patto stesso. Ne consegue che un patto che vale solo per l’Italia non può prevedere lo stesso corrispettivo di un vincolo che si estende a tutto il mondo.

Inoltre, secondo la giurisprudenza, il parametro da utilizzare per verificare la congruità del corrispettivo per il patto di non concorrenza è la percentuale della retribuzione lorda annua (RAL) goduta dal dipendente alla data di cessazione del rapporto di lavoro.

Sono stati giudicati congrui, in particolare, i seguenti corrispettivi:

  • vincolo di non concorrenza esteso all’Europa: 50% dell’ultima RAL per ogni anno di durata del patto [3];
  • vincolo esteso all’Italia: 30-35% dell’ultima RAL per ogni anno di durata del patto [4];
  • vincolo limitato ad alcune regioni d’Italia: 10-20% dell’ultima RAL per ogni anno di durata del patto [5].

Si segnala, inoltre, che secondo alcune decisioni, il corrispettivo erogato durante il rapporto di lavoro rende sempre nullo il patto di non concorrenza in quanto, non essendo conoscibile ex ante la durata del rapporto di lavoro, l’emolumento è indefinito ed indeterminato.

note
[1] Art. 2105 cod. civ.

[2] Art. 2125 cod. civ.

[3] Trib. Milano 03/05/2005.

[4] Cass. 04/04/2006, n. 7835.

[5] Trib. Siena, 27/01/2014; Trib. Milano, 27/01/2007; Trib. Milano 21/07/2005.


9 Settembre 2021