Min.Lavoro: interpello 6/2018 – Lavoro intermittente e prestazioni di lavoro straordinario

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha emanato l’interpello n. 6 del 24 ottobre 2018, con il quale risponde ad un quesito dell’Associazione Nazionale delle Imprese di Sorveglianza Antincendio (A.N.I.S.A.), in merito alla possibilità di non applicare al lavoratore intermittente la disciplina contenuta nel decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, in materia di orario di lavoro nel caso venga effettuato lavoro straordinario eccedente le 40 ore settimanali.

In particolare, viene chiesto se in tale ipotesi sia possibile erogare unicamente il controvalore per la prestazione svolta come se si fosse in regime di orario ordinario di lavoro e non anche la maggiorazione per lavoro straordinario prevista dalla contrattazione collettiva.

La risposta del Ministero del Lavoro

“Con riferimento al campo di applicazione della disciplina in materia di orario di lavoro, si osserva che, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, punto a) del citato d.lgs. n. 66, è orario di lavoro “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”. Tale disciplina, quindi, si applica a tutte le forme di lavoro subordinato con riferimento ai tempi in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro, fatte salve le esclusioni espressamente contemplate agli articoli 2 e 16 del medesimo , decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66.

Il decreto legislativo n. 81 del 2015, analogamente al previgente decreto legislativo n. 276 del 2003, nel disciplinare l’istituto del lavoro a chiamata prevede che il trattamento economico del lavoratore intermittente sia regolato dal principio di proporzionalità, ossia deve essere determinato in base alla prestazione effettivamente eseguita, e dal principio di non discriminazione. L’articolo 17 del medesimo d.lgs. n. 81 del 2015 stabilisce, al comma 1, che il lavoratore intermittente non debba ricevere per i periodi lavorati un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello e, al comma 2, che nei suoi confronti trovino applicazione in misura “proporzionale” gli istituti normativi tipici del rapporto di lavoro subordinato, per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, delle ferie, dei trattamenti per malattia e infortunio, congedo di maternità e parentale.

In proposito, la circolare di questo Ministero n. 4/2005, nel fornire i primi chiarimenti e indicazioni operative con riferimento alla previgente disciplina del lavoro intermittente, aveva, da un lato, evidenziato come il legislatore non abbia imposto alcun obbligo contrattuale in merito all’orario ed alla collocazione temporale della prestazione lavorativa al fine di lasciare tale determinazione all’autonomia contrattule delle parti, coerentemente con l’impostazione flessibile e modulabile della disciplina del contratto di lavoro intermittente. Dall’altro, la medesima circolare aveva ribadito a proposito del lavoro intermittente che si tratta “[…] pur sempre di un contratto di lavoro dipendente, ragione per cui la libera determinazione delle parti contraenti opera, quantomeno con riferimento alla tipologia con obbligo di risposta alla chiamata del datore di lavoro, nell’ambito della normativa di legge e di contratto collettivo applicabile, con specifico riferimento alla disciplina in materia di orario di lavoro.”.

Alla luce del quadro normativo sopra riportato, la facoltà concessa dalla legge al datore di lavoro di attivare il contratto di lavoro intermittente rispetto ad esigenze e tempi non predeterminabili, non consente di escludere l’applicazione delle disposizioni in materia di lavoro straordinario e delle relative maggiorazioni retributive, nel rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 e di quanto eventualmente previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro.”.


27 Ottobre 2018


Fonte : Dottrina Lavoro