La lettera di licenziamento va consegnata e/o notificata: la Cassazione conferma la sua validità anche in caso di mancato ritiro.
Il recesso unilaterale del datore di lavoro – così è in gergo chiamato il licenziamento – segue specifiche regole e un iter ben preciso. Recentemente, una sentenza della Cassazione ha contribuito a chiarire un principio molto importante, ovvero che il licenziamento è formalmente valido anche in caso di raccomandata respinta al mittente, ovvero restituita al mittente per compiuta giacenza. La sentenza di riferimento, è la n. 15397 del 31 maggio scorso.
Licenziamento valido anche con raccomandata respinta al mittente: il caso concreto in sintesi
La circostanza è tutt’altra che rara. Al lavoratore viene annunciato che, a breve, avrà luogo la risoluzione del rapporto di lavoro tramite licenziamento e, conseguentemente, sarà inviata presso la propria abitazione una comunicazione ad hoc – con raccomandata a/r.
Ciò che ha qualche giorno fa spiegato la Suprema Corte è che cosa succede se il lavoratore interessato non si attiva per ritirare la raccomandata: ignorare l’arrivo del documento, far finta di niente e non andare alle Poste potrebbe rendere nullo il licenziamento o comunque permette di guadagnare tempo per una eventuale contestazione del recesso? Il caso è chiaramente quello di chi non viene trovato in casa dal postino, con la conseguenza che la lettera andrà ritirata dal destinatario all’ufficio postale.
Ebbene, con la menzionata sentenza n. 15937 del 31 maggio scorso, avente ad oggetto la comunicazione del licenziamento individuale al dipendente, la Cassazione ha spiegato che la comunicazione della scelta datoriale con raccomandata, pur con rinvio della lettera al mittente per compiuta giacenza all’ufficio postale, deve ritenersi comunque valida.
Il caso in particolare aveva a che fare con l’impugnazione del licenziamento da parte di una dipendente, arrivata dopo il termine di 60 giorni dal giorno della notifica del recesso datoriale.
La lavoratrice in corso di causa aveva contestato di non aver mai ricevuto la lettera di licenziamento, ed invece il datore di lavoro – per tutelare le sue ragioni – aveva prodotto al giudice:
la copia della ricevuta di invio con raccomandata a/r, ma non la copia dell’avviso di ricevimento sottoscritto dalla lavoratrice, in quanto la lettera aveva fatto ritorno al mittente per la compiuta giacenza alle Poste.
Ricapitolando, se il lavoratore o la lavoratrice non ritira la lettera di licenziamento presso le Poste, il recesso sarà comunque ritenuto valido. Ed è proprio questa la conclusione a cui è giunta la Corte di Cassazione, con la sentenza citata: il licenziamento sarà regolare, ed infatti la donna della vicenda a cui il provvedimento giudiziario si riferisce non ha potuto così opporsi al recesso per la sopravvenuta scadenza del termine.
Anzi, come chiarito dalla Cassazione, il fatto di non voler ritirare la missiva rappresenta una sorta di effetto ‘boomerang’ per il destinatario – il lavoratore licenziato – che, non sapendo il contenuto della comunicazione, farà scadere i termini per contestare il licenziamento.
Peraltro la Corte ha confermato i giudizi di merito in primo e secondo grado, che già non avevano accolto le richieste della donna – ritenendo invece valida la comunicazione del licenziamento per raccomandata presso il domicilio della lavoratrice.
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