Se sei stato licenziato oralmente puoi impugnare il recesso e ottenere il reintegro in servizio.
Mentre eri al lavoro è arrivato il tuo capo e ti ha ripreso per un errore che hai commesso. Hai cercato di rispondergli con educazione ma lui ha perso la calma e, alla fine, ti ha cacciato dicendoti che non devi tornare mai più al lavoro. Vuoi sapere se è possibile licenziare un dipendente a voce, cosa devi fare per tutelare i tuoi diritti e chi deve provare il licenziamento orale.
Può sembrare strano ma sono ancora molti, oggi, i lavoratori che vengono licenziati senza nemmeno una lettera scritta, a voce o con un gesto. La legge considera questo tipo di licenziamento del tutto nullo ma il problema che si pone è la prova. Occorre, dunque chiedersi, in caso di licenziamento orale: chi deve provarlo?
Non essendoci una lettera scritta, infatti, la prova diventa fondamentale. La Cassazione, di recente, si è occupata di questo tema ed ha chiarito cosa deve provare il lavoratore per dimostrare di essere stato effettivamente allontanato dal lavoro a voce o con un gesto. Ma andiamo per ordine.
Licenziamento: come deve essere comunicato?
La legge italiana prevede particolari tutele che proteggono il lavoratore da possibili licenziamenti arbitrari. Il lavoro, infatti, è un bene prezioso e, proprio per questo, la legge non consente al datore di lavoro di porre fine ad un rapporto lavorativo senza un valido motivo. Il licenziamento deve, infatti, essere basato su una giusta causa o un giustificato motivo [1]. Ciò significa che l’azienda può licenziare solo se il lavoratore ha commesso un fatto molto grave oppure se c’è un solido motivo economico oppure organizzativo alla base dell’esigenza di sopprimere quel posto di lavoro.
Ma come deve essere comunicato il licenziamento? La necessaria presenza di un valido motivo e le modalità di comunicazione sono strettamente legati. La legge [2], infatti, richiede che il licenziamento sia comunicato per iscritto e nella lettera il datore di lavoro deve spiegare in modo completo e specifico i motivi che hanno reso necessario il recesso.
Licenziamento orale: cos’è?
Spesso, il datore di lavoro non rispetta l’obbligo di comunicare il licenziamento per iscritto e congeda il dipendente a voce o con un gesto. Frasi come “sei licenziato”, “oggi è il tuo ultimo giorno di lavoro”, “non presentarti più al lavoro” o un semplice “vattene” sono le formule che possono essere utilizzate per liquidare il lavoratore, insieme ad un gesto con la mano che indica la porta di uscita. In questi casi, siamo in presenza di un licenziamento orale, ossia, comunicato a voce, senza il rispetto della forma scritta.
Licenziamento orale: entro quando impugnarlo?
Il primo problema che si pone, in caso di licenziamento orale, è stabilire quanto tempo ha il dipendente per impugnarlo. La legge prevede, infatti, che, in generale, il licenziamento deve essere impugnato entro 60 giorni dalla sua comunicazione ma, in questo caso, non c’è nessuna comunicazione scritta e occorre, dunque, chiarire se il termine si applica lo stesso. Dopo molte pronunce di diverso orientamento, la Cassazione ha chiarito [3] che, in caso di licenziamento orale, non essendoci una lettera scritta, il termine per impugnare è quello di prescrizione di cinque anni.
Il lavoratore non dovrà, dunque, rispettare la solita sequenza, che prevede dapprima l’impugnazione tramite una semplice lettera inviata al datore di lavoro e poi il deposito del ricorso, tramite un avvocato, al giudice del lavoro, ma potrà agire direttamente in giudizio.
Licenziamento orale: chi deve provarlo?
L’altro problema che si pone è come dimostrare, di fronte al giudice, che effettivamente c’è stato il licenziamento orale. Non essendoci una lettera scritta, infatti, si dovrebbe ricorrere alla prova per testimoni. Non è facile, però, convincere i propri ex colleghi a testimoniare perché possono temere ritorsioni da parte del datore di lavoro.
Inoltre, spesso, il datore di lavoro ha pronunciato la fatidica frase senza che fosse presente nessuno, eccetto il lavoratore licenziato oralmente. Sotto questo profilo, la Cassazione [4], di recente, ha mostrato un atteggiamento molto rigoroso affermando che il lavoratore non può limitarsi a dimostrare che il rapporto di lavoro è cessato ma deve provare che è stato mandato via oralmente. Non basta, dunque, depositare l’estratto del centro per l’impiego o l’estratto contributivo Inps che testimonia la cessazione del rapporto di lavoro ma occorre provare che è stato il datore di lavoro a licenziare il dipendente.
Licenziamento orale: quali conseguenze?
Il licenziamento orale è considerato dalla legge radicalmente nullo; pertanto, il lavoratore può impugnarlo di fronte al giudice del lavoro rivolgendosi ad un avvocato. Se il tribunale darà ragione al dipendente, dichiarerà il recesso nullo e condannerà il datore di lavoro a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro e a versargli una somma di denaro pari agli stipendi che gli sarebbero spettati, se non fosse mai stato licenziato, dalla data del recesso a quella di ritorno in servizio, oltre al pagamento dei contributi Inps ed Inail.
note
[1] Artt. 1 e 3, L. 604/1966.
[2] Artt. 2, L. 604/1966
[3] Cass. 25561/2018.
[4] Cass. 9108/2021.