Lavoro a chiamata con o senza indennità di disponibilità

Il contratto di lavoro a chiamata costituisce la forma più flessibile di ricorso alle prestazioni di lavoro subordinato, in quanto garantisce l’instaurazione della prestazione di lavoro subordinato senza applicare al sinallagma contrattuale il vincolo dell’orario di lavoro garantito. Ciò implica di certo una efficace gestione del costo del lavoro ma limita il datore di lavoro nella certezza di impiego della risorsa assunta che, a fronte della chiamata ricevuta, potrebbe risultare non disponibile a svolgere la prestazione. Per ovviare al problema il datore di lavoro può decidere di aggiungere l’indennità di disponibilità se intende garantirsi la prestazione al bisogno. In termini di costo del lavoro quanto conviene optare per un rapporto di lavoro intermittente, o a chiamata, senza erogazione dell’indennità di disponibilità?

Possono ricorrere al lavoro intermittente le aziende che:
– svolgono attività discontinue o intermittenti, nelle ipotesi stabilite dal CCNL o ai sensi del R.D n. 2657/1923;
– assumono giovani che non hanno ancora compiuto 25 anni;
– assumono lavoratori con più di 55 anni, anche pensionati;
– utilizzano le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno ai sensi di quanto previsto dal contratto collettivo.

È vietato il ricorso al lavoro intermittente:
– per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
– presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi di lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
– presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
– ai datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

È vietato il ricorso al lavoro intermittente per la sostituzione di lavoratori oppure licenziati nei 6 mesi precedenti o in presenza di sospensioni o riduzioni dell’orario di lavoro.

Si tratta di un contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente.

L’indennità di disponibilità viene determinata dai contratti collettivi, di ogni livello e non può essere inferiore all’importo fissato con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali.
In vigenza del D.Lgs. n. 276/2003, il D.M. 10 marzo 2004 ha determinato la misura minima dell’indennità mensile di disponibilità nel 20% della retribuzione prevista dal CCNL applicato.
L’indennità di disponibilità è:
– esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo;
– assoggettata a contribuzione previdenziale per il suo effettivo ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo.

Il contratto di lavoro intermittente è stipulato in forma scritta ai fini della prova e deve contenere, quali elementi essenziali:
– durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto;
– luogo e modalità della eventuale disponibilità e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
– trattamento economico e normativo;
– forme e modalità della chiamata e di rilevazione della prestazione;
– tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità.

Al lavoratore senza obbligo di risposta alla chiamata non spetta alcuna retribuzione nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione.
Nel contratto di lavoro intermittente la prestazione lavorativa si concretizza solo a seguito della chiamata del datore di lavoro e se il lavoratore risponde positivamente.
Il lavoratore senza obbligo di risposta alla chiamata non matura alcun trattamento economico e normativo nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione.
Il lavoratore intermittente viene pertanto retribuito solo per il lavoro effettivamente svolto e, a parità di mansioni svolte, deve comunque ricevere un trattamento economico e normativo complessivamente non meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello.
Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente, sarà pertanto riproporzionato in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita.
L’importo dell’indennità di disponibilità viene determinato dai contratti collettivi, di ogni livello e non può essere inferiore all’importo fissato con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, ma è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo e assoggettata a contribuzione previdenziale per il suo effettivo ammontare.

La chiamata del lavoratore è ammessa per un massimo di 400 giornate di lavoro effettivo nell’arco di un triennio mobile con il medesimo datore di lavoro, tenendo conto solo delle giornate di effettivo lavoro svolto.
L’eventuale superamento del limite previsto per legge, ad eccezione del settore del turismo, spettacoli e pubblici esercizi comporta la trasformazione del rapporto in un rapporto a tempo pieno e indeterminato.

Fonte: WOLTERS KLUWER – Ipsoa Lavoro


10 Novembre 2023


Fonte : Studio Balillo