La validità del licenziamento con lettera non firmata

“La produzione in giudizio di una lettera di licenziamento priva di sottoscrizione alcuna o munita di sottoscrizione proveniente da persona diversa dalla parte che avrebbe dovuto sottoscriverla equivale a sottoscrizione, purché tale produzione avvenga ad opera della parte stessa nel giudizio pendente nei confronti del destinatario della lettera di licenziamento».

Così si è espressa la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro con la recente sentenza n. 12106 depositata il 16 maggio 2017.

Nel caso de quo una lavoratrice, soccombente in primo e in secondo grado, ricorreva alla Suprema Corte avverso la sentenza che confermava la legittimità del suo licenziamento, deducendo che la lettera di licenziamento, prodotta in sede di merito dalla controricorrente e su cui figurava l’apparente firma dell’allora rappresentante legale della società, fosse in realtà priva di firma, pertanto da considerare atto inesistente, non convalidabile né tantomeno ratificabile. La tesi della ricorrente muoveva dalla testimonianza della legale rappresentante della società che, interrogata come teste dalla Corte, aveva negato di aver firmato la lettera. La Suprema Corte rigettava il ricorso ed argomentava la decisione ribadendo un costante insegnamento giurisprudenziale secondo cui la produzione in giudizio di una scrittura privata ad substantiam, seppur priva della firma di chi avrebbe dovuto sottoscriverla, equivale a sottoscrizione qualora sia prodotta in giudizio dalla parte stessa, ove si tratti di atto recettizio.


17 Giugno 2017


Fonte : Leggi di Lavoro