Inps: le integrazioni salariali straordinarie nelle piccole aziende

L’INPS, attraverso la circolare n. 109 del 5 ottobre 2022, ha dettato le proprie indicazioni di prassi per i trattamenti di integrazione salariale straordinaria in favore delle imprese che occupano, al momento della richiesta, non più di 15 dipendenti (calcolati come media nell’ultimo semestre), dopo il via libera avvenuto con il D.M. n. 33/2022 integrativo del D.M. n. 94033/2016 che rappresenta una sorta di “Bibbia” per gli addetti ai lavori alle prese con la CIGS e con i contratti di solidarietà.

Tutte le imprese che rientrano nel campo di applicazione del FIS sono, quindi, coperte ai fini della richiesta degli ammortizzatori sociali straordinari in quanto, per quelle dimensionate oltre le quindici unità al momento della richiesta (sempre calcolate come media relativa al semestre precedente), la competenza all’esame delle istanze ed al successivo provvedimento è del Ministero del Lavoro (Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali) come si evince, chiaramente, dal comma 3-bis dell’art. 20 del D.L.vo n. 148/2015.

Le indicazioni dell’Istituto rivestono particolare importanza, atteso che sarà l’Istituto ad esaminare le istanze che potranno essere presentate per le causali di ristrutturazione, crisi aziendale e contratto di solidarietà.

Le causali, come vedremo dall’esame, sono le stesse ma, rispetto alle aziende rientranti nell’ambito dell’art. 20, le indicazioni tengono conto sia del settore di operatività delle singole imprese che del loro organico, numericamente molto più limitato.

La durata complessiva, in un biennio mobile, comprensiva anche di eventuali interventi ordinari, è di 26 settimane, per i datori di lavoro che occupano più di 5 dipendenti e fino a 15, come ricorda l’art. 29.

Ma, andiamo con ordine esaminando le singole causali e ricordando che su questo argomento ho già effettuato un approfondimento (e ad esso rimando) in data 5 aprile 2022, allorquando fu emanato il D.M. n. 33/2022. Molte delle riflessioni, a suo tempo, effettuate conservano, infatti, la propria validità alla luce dei chiarimenti espressi con la circolare n. 109.

Riorganizzazione aziendale

La riorganizzazione comprende anche i c.d. “processi di transizione”, con una espressione del tutto analoga a quella riportata nell’art. 21: ma cosa deve fare il datore di lavoro?

Dopo aver effettuato la prevista informazione ed esame congiunto, anche da remoto, con le organizzazioni sindacali interne ed esterne comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (non è necessario, seppur auspicabile, raggiungere l‘accordo) il datore di lavoro deve presentare una istanza, utilizzando il modulo standard allegato alla circolare n. 109, ove viene descritto un programma finalizzato a fronteggiare le inefficienze della struttura gestionale, commerciale, produttiva o di prestazione di servizi attraverso interventi idonei alla loro gestione, oppure a sostenere processi di riconversione produttiva o di transizione. Questi ultimi comprendono i processi destinati all’aggiornamento tecnologico o digitale, quelli di efficientamento e sostenibilità ecologica ed energetica ed il potenziamento straordinario delle misure di sicurezza.

Rispetto ai programmi di CIGS in uso nelle imprese dimensionate oltre i 15 dipendenti non viene richiesto, a proposito degli investimenti da realizzare, che gli stessi abbiano un valore medio superiore a quelli realizzati nel biennio precedente: al contempo, non viene richiesta la coincidenza tra il soggetto che effettua gli investimenti ed il datore di lavoro.

In ogni caso deve sussistere uno stretto collegamento tra il programma di riorganizzazione le sospensioni o le riduzioni dell’attività lavorativa per la quale si chiede l’intervento del FIS.

Un’altra caratteristica che va sottolineata e che differenzia questo intervento dalla CIGS delle imprese più grandi è rappresentato dal fatto che per queste ultime il D.M. n. 94033/2016 richiede un recupero occupazionale del personale che è stato inserito nei piani di integrazione salariale straordinaria di almeno il 70%, mentre nel caso del FIS si parla di consistente recupero occupazionale anche in termini di riqualificazione professionale e potenziamento delle competenze.  Ciò comporta la necessità per i datori di lavoro di quantificare la percentuale dei dipendenti che, al termine del programma, rientreranno in azienda: nel caso in cui vi siano eccedenze di personale, sarà compito dei datori di lavoro illustrare il piano di gestione degli esuberi con una gestione non traumatica degli stessi (licenziamenti incentivati, risoluzioni consensuali, ricollocazione in altre aziende, ecc.).

Crisi aziendale

Anche per questa causale non si esce dal tradizionale percorso delineato per le aziende più grandi dall’art. 21 del D.L.vo n. 148/2015.

Anche in tale ipotesi è prevista l’informativa e l’esame congiunto con le organizzazioni sindacali, secondo lo schema già in uso per la causale di riorganizzazione.

La crisi aziendale prevede due percorsi: il primo (che è il più ricorrente) è determinato da un andamento involutivo ed il datore di lavoro deve illustrare le ragioni della contrazione produttiva o di prestazione di servizi come, ad esempio, la diminuzione degli ordini e delle commesse, i dati negativi di bilancio e fatturato dell’anno precedente.  Parimenti, va indicato l’andamento dell’organico aziendale nel semestre antecedente la presentazione dell’istanza, finalizzato a dimostrare il ridimensionamento (o la stasi) dello stesso. Il datore è tenuto a fornire informazioni relative all’assenza di recenti assunzioni, con particolare riguardo a quelle incentivate.

Il piano di risanamento deve essere proiettato verso la continuazione dell’attività e la salvaguardia del tessuto occupazionale: in tale ottica vanno indicate la percentuale dei lavoratori per i quali si chiede l’assegno di integrazione salariale ma anche le misure di gestione non traumatica dei lavoratori eccedentari.

La seconda ipotesi di crisi aziendale è quella dell’evento improvviso ed imprevisto che può, ad esempio, registrarsi in questo periodo per effetto delle sanzioni legate al conflitto russo-ucraino che potrebbero aver bloccato le esportazioni verso i paesi in guerra.

In questo caso la relazione datoriale da inserire nel modello di domanda, deve illustrare:

  1. La natura dell’evento imprevedibile ed imprevisto che ha determinato la crisi;
  2. L’autonomia del fatto accaduto rispetto alla gestione aziendale;
  3. Le azioni e gli interventi correttivi sia per la continuazione dell’attività (ad esempio, ricerca di nuovi mercati) che per la salvaguardia dell’occupazione;
  4. Il numero dei lavoratori in integrazione salariale che rientreranno, presumibilmente, in azienda al termine del periodo previsto;
  5. Le iniziative per una gestione non traumatica degli esuberi.

Contratto di solidarietà

Il percorso “in parallelo” con gli ammortizzatori sociali straordinari previsti per le imprese con un organico superiore alle quindici unità, prosegue con il contratto di solidarietà che richiede un accordo aziendale con le organizzazioni sindacali interne (RSA, RSU) o anche con quelle territoriali espressione delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale finalizzato ad una riduzione oraria al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione del personale.

Ricordo che, a seguito delle novità contenute nella legge di bilancio per l’anno in corso sono stati elevati alcuni parametri:

  1. La riduzione media oraria massima dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei dipendenti interessati non può essere superiore al’80%;
  2. La percentuale complessiva, relativa a ciascun lavoratore, riferita all’intero arco temporale del contratto di solidarietà, non può superare il 90%.

La circolare n. 109 ricorda che, ai sensi dell’art. 4-bis del D.M. n. 94033/2016, come integrato dal D.M. n. 33/2022, nel contratto di solidarietà vanno rispettati alcuni criteri essenziali:

  1. La riduzione d’orario va articolata nel rispetto delle percentuali sopra evidenziate;
  2. Non è possibile inserire nel contratto di solidarietà i lavoratori con rapporto a tempo determinato stipulato per esigenze produttive a carattere stagionale;
  3. I dipendenti a tempo parziale possono essere inseriti nel contratto a condizione che sia dimostrato il carattere strutturale del loro rapporto nella organizzazione del lavoro preesistente la richiesta di assegno di solidarietà;
  4. Il lavoro straordinario non è possibile durante la solidarietà, fatti salvi casi eccezionali o di forza maggiore;
  5. La procedura di licenziamento collettivo è attivabile unicamente se come criterio vi è quello del licenziamento con la non opposizione degli interessati. Durante il contratto di solidarietà non è possibile procedere a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo;
  6. L’arrivo di nuovi ordini o commesse con riduzione della solidarietà può essere previsto nell’accordo collettivo. Qualora ciò si verifichi, i datori di lavoro interessati debbono comunicare la variazione di orario alla sede INPS competente per territorio;
  7. Un maggior ricorso alla solidarietà, con ampliamento, ad esempio, della percentuale già prevista nel contratto, comporta la stipula di un nuovo accordo.

La circolare n. 109 prosegue con l’elencazione degli elementi essenziali che debbono essere inseriti nel contratto (indicazione delle parti, CCNL applicato, data di sottoscrizione, orario di lavoro e sua articolazione, quantificazione dei lavoratori eccedentari, cause che hanno determinato l’esubero, decorrenza e durata del contratto di solidarietà, forma di riduzione dell’orario – giornaliero, settimanale o mensile tradotta in termini settimanali -, articolazione della riduzione, parametrazione rispetto all’orario settimanale, indicazione complessiva della percentuale di riduzione di orario, modalità relative a possibili deroghe alla riduzione di orario concordata).

Cumulo di interventi ordinari e straordinari di integrazione salariale

Questo tema riguarda quelle imprese che per i trattamenti di integrazione salariale straordinaria, occupando più di quindici dipendenti, rientrano nella CIGS gestita attraverso il Ministero del Lavoro (art. 20, comma 3-bis) e per quelli ordinari nel FIS.

L’INPS, con riferimento alla stessa unità produttiva, ritiene che i due interventi siano possibili, in contemporanea, nel rispetto delle seguenti condizioni:

  1. L’intervento straordinario sia stato richiesto e concesso per una delle causali previste dall’art. 21, comma 1, del D.L.vo n. 148/2015 (riorganizzazione anche per realizzare processi di transizione, crisi aziendale, contratto di solidarietà);
  2. I lavoratori destinatari degli interventi siano diversi e specificati attraverso elenchi nominativi. La diversità deve sussistere sin dall’inizio dei due interventi e per tutta la durata degli stessi.

Fondi di solidarietà bilaterali ex articoli 26 e 40 del D.L.vo n. 148/2015

La circolare n. 109 sottolinea che, a seguito di conforme parere ministeriale, i criteri evidenziati trovano applicazione anche per le prestazioni integrative straordinarie dei Fondi bilaterali e dei Fondi intersettoriali delle Province Autonome di Trento e Bolzano, relativamente alle istanze dei datori di lavoro che abbiano occupato, mediamente, nel semestre precedente, fino a 15 dipendenti.


14 Ottobre 2022


Fonte : Dottrina Lavoro