I tirocini formativi sotto la lente degli ispettori del lavoro [E. Massi]

Negli ultimi tempi l’Ispettorato Nazionale del Lavoro dedica una particolare attenzione alle forme elusive che, purtroppo, continuano a proliferare nel mondo del lavoro. Ne sono palese testimonianza le note con le quali sono state fornite indicazioni operative al personale ispettivo sia con riguardo alla riqualificazione dei lavoratori intermittenti in presenza di violazioni legati al DUVRI, che alla responsabilità solidale dei committenti nella subfornitura (ma anche nelle altre ipotesi di decentramento dell’attività produttiva) secondo la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 29, comma 2, del D.L.vo n. 276/2003, fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 254/2017.
In tale quadro si inserisce la circolare n. 8 del 18 aprile 2018, con la quale lo stesso organo fornisce una serie di indicazioni operative alle proprie articolazioni periferiche destinate ad una verifica sui tirocini extra curriculari, la cui competenza normativa, come chiarito dalla Consulta con la sentenza n. 287/2012, appartiene in via primaria ed esclusiva alle Regioni ed alle Province autonome.

Che tale forma di apprendimento sia, da tempo, sotto la lente di attenzione degli organi ispettivi è un fatto notorio, in quanto la stessa Commissione centrale di coordinamento dell’attività ispettiva lo ha previsto tra gli ambiti principali oggetti di verifica. L’ambito di applicazione del tirocinio si è molto ampliato con il trascorrere degli anni e comprende oltre ai giovani alle prime esperienze, lavoratori svantaggiati, soggetti extra comunitari in possesso del permesso di soggiorno, lavoratori espulsi dai processi produttivi (anche avanti nell’eta’) che aspirano ad una nuova collocazione.

Le disposizioni impartite dall’INL escludono i c.d. tirocini curriculari (per i quali la nota del Ministero del Lavoro n. 4756 del 14 febbraio 2007 esclude l’obbligo della comunicazione preventiva ai servizi per l’impiego), quelli previsti per l’accesso alle professioni ordinistiche, i periodi di pratica professionale, i tirocini transnazionali, svolti all’esteri o presso un ente sovranazionale ed i tirocini di soggetti extra comunitari svolti all’interno delle quote di ingresso di cui parla il D.L.vo n. 286/1998.
Da un punto di vista strettamente operativo si invitano i “Capi” delle strutture locali ad attivare apposite sinergie con i competenti uffici delle Regioni anche perché la base di partenza di ogni accertamenti è rappresentata, oltre che dalla legge Regionale che in alcuni territori non  è stata ancora adeguata alle  Direttive della Conferenza Stato – Regioni del 25 maggio 2017, anche dalla individuazione dei soggetti ospitanti che fanno un ricorso sistematico all’uso ed all’abuso del tirocinio, rapportato all’organico aziendale.

Qualora ce ne fosse bisogno occorre sottolineare come il tirocinio che per dettato normativo non è in alcun modo rapporto di lavoro, consiste in una forma di apprendimento “on the job”: ciò significa che gli organi di vigilanza dovranno curare che per la legittimità dello stesso non siano presenti una serie di elementi che sono riferibili all’area della subordinazione.

Prima di entrare nel merito dei giusti chiarimenti dell’INL ritengo opportuno evidenziare alcune caratteristiche tipiche di tale istituto.

I tirocini si differenziano tra di loro sulla base della finalità che intendono perseguire e per le categorie dei destinatari:

  • formazione ed orientamento: si tratta di una agevolazione nelle scelte professionali di giovani nel passaggio dalla scuola al lavoro attraverso una formazione che postula un contatto diretto con il mondo del lavoro. I destinatari sono, in linea di massima, individuabili tra i neo diplomati ed i neo laureati che hanno conseguito il titolo di studio da non più di dodici mesi;
  • inserimento o reinserimento al lavoro: in questa ipotesi si tratta di creare percorsi finalizzati alla collocazione o alla ricollocazione di inoccupati, disoccupati, lavoratori espulsi dai processi produttivi, lavoratori in integrazione salariale straordinaria sulla base di accordi specifici di politiche attive correlate alla erogazione di ammortizzatori sociali;
  • orientamento e formazione o di inserimento o reinserimento: in questo caso si prevedono percorsi di inserimento o reinserimento per i c.d. “soggetti svantaggiati ex art. 4, comma 1, della legge n. 381/1991, per i richiedenti asilo o per i soggetti titolari di un provvedimento di “protezione internazionale” e, infine, per i disabili di cui parla la legge n. 68/1999, attraverso l’istituto della convenzione previsto dall’art 11.

Quanto appena detto porta, necessariamente ad individuare i soggetti promotori dei tirocini. Essi sono:

  • i servizi per l’impiego e le agenzie regionali del lavoro;
  • le Università e gli Istituti di istruzione universitaria;
  • i centri di formazione professionale e di orientamento accreditati con la Regione o la Provincia competente;
  • le comunità terapeutiche, gli Enti ausiliari e le cooperative sociali, iscritti in specifici albi regionali;
  • i servizi per l’inserimento lavorativo dei disabili gestiti da Enti delegati dalla Regione;
  • le istituzioni formative private specificatamente autorizzate dalla Regione;
  • le Agenzie per il Lavoro e gli altri soggetti autorizzati alla intermediazione.

Per quel che concerne, invece, la durata ed i limiti numerici occorre rifarsi alle disposizioni contenuti nelle singole leggi regionali o nelle determinazioni delle Province autonome.

Una particolare attenzione va posta alla c.d. convenzione stipulata tra il datore di lavoro ospitante ed un soggetto promotore: essa, in allegato, deve contenere un progetto formativo individuale, per ciascun tirocinante, predisposto sulla base di modelli predefiniti. Gli elementi essenziali dello stesso, oltre alla identificazione dei soggetti coinvolti, deve, necessariamente, indicare la durata, la tipologia, le specifiche relative alla attività da svolgere e le conseguenti modalità di attuazione. Ovviamente, sia sul soggetto promotore che su quello ospitante incombono una serie di obblighi come, ad esempio, per il primo, l’assicurazione INAIL e la responsabilità civile verso terzi, salvo accordi diversi risultanti dalla convenzione, il monitoraggio del tirocinio, l’individuazione di un tutor con funzioni di referente.

Per completezza di informazione, sottolineo come sulla base della nota INAIL n. 6295 del 23 settembre 2011 e della circolare dello stesso Istituto n. 16 del 4 marzo 2016, i tirocinanti debbano essere assicurati nella stessa forma prevista per gli allievi dei corsi di istruzione professionale impegnati in esercitazioni pratiche o in esperienze di natura tecnico-scientifica. Il premio è calcolato sulla retribuzione convenzionale annua pari al minimale di rendita correlata alle giornate di presenza ed al tasso corrispondente alla voce “0611” ed è pari al 9 per mille per la gestione industria, al 5 per mille per la gestione artigianato, al 6 per mille per il settore terziario ed all’11 per mille per la gestione delle altre attività.
Per il datore ospitante vengono in rilievo altri elementi come la definizione del progetto formativo, la designazione del tutor che affianca il tirocinante sul posto di lavoro, la garanzia del percorso formativo da realizzare, la valutazione dell’esperienza formativa, la comunicazione telematica preventiva ai servizi per l’impiego e la corresponsione della c.d. indennità di partecipazione il cui ammontare, varia a seconda dell’ambito territoriale di appartenenza ed è determinato dalle singole Regioni (il valore medio è intorno ai 400 euro mensili con una punta significativa nella Regione Lazio pari ad 800 euro). La mancata corresponsione, accertata dagli organi di vigilanza, comporta, ai sensi dell’art. 1, comma 35, della legge n. 92/2012, l’irrigazione di una sanzione amministrativa compresa tra 1.000 e 6.000 euro: ricordo, comunque, che l’obbligo non sussiste nei confronti dei precettori di ammortizzatori sociali, qualora il percorso di tirocinio sia all’interno del percorso di ricollocazione e sia stato precisato nella convenzione.

Sussiste, poi, per effetto dell’art. 2, comma 5-ter, del D.L. n. 76/2013, convertito, con modificazioni, nella legge n. 99/2013, la possibilità per un datore di lavoro “multi localizzato”, operante in diversi contesti regionali, di applicare la normativa della Regione ove insiste la propria sede legale.

Prima di entrare nel merito delle indicazioni fornite dall’INL appare necessario soffermarsi, brevemente, sulla figura dei due tutor (soggetto promotore e soggetto ospitante) che hanno caratteristiche e funzioni diverse.

Il primo, collabora alla stesura del piano formativo, coordina l’organizzazione del percorso, monitora l’andamento ed acquisisce dal tirocinante tutti gli elementi necessari per la valutazione dell’esperienza, il secondo è responsabile dell’attuazione del piano formativo e dell’affiancamento, deve possedere competenze professionali adeguate, aggiorna la documentazione relativa al tirocinio ed accompagna il percorso formativo con la propria supervisione.

L’elencazione di alcuni elementi essenziali del tirocinio è necessaria per comprendere gli indirizzi operativi forniti dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro il quale sottolinea come, in generale, l’attività di vigilanza sia finalizzata alla verifica della genuinità dei rapporti instaurati: di qui la necessità di verificare lo stage formativo che presenta notevoli aspetti di contiguità con il rapporto di lavoro subordinato, con la conseguenza che qualora si riscontrino gli elementi tipici di quest’ultimo, si dovrà ricondurre il rapporto a contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato che costituisce, come afferma l’art. 1 del D.L.vo n. 81/2015, la forma contrattuale comune.
Di qui la circolare n. 8 elenca una serie possibile di infrazioni che scaturiscono dalla violazione della stessa normativa regionale. Esse sono molteplici e, dalla elencazione, mi sembra opportuno estrapolarne alcune che riconducono ad aspetti tipici della subordinazione come, ad esempio, il tirocinio per attività elementari o ripetitive che non necessitano di periodi formativi o quello attivato con un soggetto che non rientra tra le casistiche personali indicate dalla legge regionale, la totale assenza di convenzione o di piano formativo individuale, l’inserimento organico del tirocinante nella struttura aziendale, l’utilizzazione in sostituzione di lavoratori aventi diritto alla conservazione del posto (ferie, malattia, maternità, infortunio), l’attivazione con un soggetto con il quale è già intercorso un precedente rapporto di tirocinio, l’attivazione finalizzata a sopperire le esigenze organizzative del soggetto ospitante (ad esempio, unico cameriere), l’attivazione in eccedenza rispetto al numero massimo consentito dalla norma regionale, l’impiego per un numero di ore superiore a quello individuato nel piano formativo, la corresponsione non episodica di somme ulteriori rispetto a quelle previste dalla normativa regionale e l’attivazione dello stage con un soggetto che, in passato, ha avuto rapporti di lavoro subordinato o di collaborazione con lo stesso datore di lavoro, l’imposizione di standard di rendimento periodico, la gestione delle assenze con forme di autorizzazione preventiva del tutto assimilabili a quelle del personale dipendente.

A fronte di situazioni come quelle sopra rappresentate gli ispettori del lavoro non potranno che ricondurre la prestazione a rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con tutte le conseguenze sanzionatorie e contributive e con l’applicazione della stessa maxi sanzione qualora, il tirocinio sia continuato al termine del periodo concordato e non sia stata effettuata alcuna comunicazione ai servizi per l’impiego.

La circolare n. 8 richiama, poi, l’attenzione delle articolazioni periferiche dell’Ispettorato sulle linee guida della Conferenza Stato-Regioni del maggio 2017, sottolineando la presenza di uno specifico apparato sanzionatorio in funzione della loro sanabilita’ o meno: è prevista l’intimazione alla cessazione del tirocinio, pena l’interdizione nei confronti sia del soggetto promotore che di quello ospitante per un periodo compreso tra i dodici ed i diciotto mesi per alcune violazioni non sanabili relative:

  • ai soggetti titolati alla promozione;
  • alle caratteristiche oggettive e soggettive del datore ospitante;
  • alla proporzione tra organico aziendale e numero dei tirocinanti;
  • alla durata massima dello stage;
  • al numero dei tirocini attuabili in contemporanea;
  • alle percentuali ed al numero dei tirocinanti ospitati in precedenza;
  • alla convenzione ed al piano formativo individuale.

Le violazioni sanabili comportano, invece, un invito alla regolarizzazione che, se non attuata, comportano la successiva interdizione. Esse sono:

  • le inadempienze relative ai compiti sia dei soggetti promotori che di quelli ospitanti, che dei tutor;
  • le violazioni riferite alla convenzione ed al piano formativo purché sia possibile, nel tempo residuo (ovviamente, senza alcuna proroga) riattivare le condizioni necessarie per il conseguimento degli obiettivi;
  • violazione massima della durata del tirocinio, allorquando, al momento dell’accertamento, non siano stati superati i termini massimi previsti dalla normativa regionale.

Il presupposto per la comunicazione all’ufficio regionale competente delle violazioni sopra evidenziate postula, necessariamente, che le Regioni abbiano fatte proprie, con atto normativo, le linee guida 2017: di qui la necessità di un raccordo continuo con tali Enti ai quali andranno comunicati tutti i provvedimenti di riqualificazione adottati.


27 Aprile 2018


Fonte : Dottrina Lavoro