Analisi della Legge 96 e delle agevolazioni finalizzate a favorire l’occupazione a tempo indeterminato, luci e ombre del “decreto dignità” convertito in legge
Le agevolazioni finalizzate a favorire l’occupazione a tempo indeterminato sono, da sempre, nei programmi e nei piani dei Governi che si sono succeduti: il risultato, purtroppo, nella maggior parte dei casi e nonostante le lodevoli intenzioni ha, quasi sempre, prodotto risultati modesti, confermando un assunto ben conosciuto: l’occupazione non si crea per decreto ma con la fiducia e con investimenti generalizzati e ben mirati.
Il quadro normativo generale dei benefici correlati alle assunzioni si presenta abbastanza scoordinato e, sovente, i provvedimenti che si sono accavallati nel tempo non tengono conto che per gli stessi soggetti o per le stesse tipologie contrattuali già esistono incentivi ed, allora, si pensa di procedere a dei cambiamenti ripetendo quanto il Legislatore aveva già stabilito e differenziando le disposizioni in minima parte, senza curarsi dei problemi applicativi.
A ciò non sfugge neanche un provvedimento finalizzato a favorire l’occupazione a tempo indeterminato, inserito nella legge di conversione del D.L. n. 87/2018, n. 96.
Con l’articolo 1-bis, sono state introdotte disposizioni che prolungano, nella sostanza (con alcune modifiche) al 2019 ed al 2020 le agevolazioni contributive previste dai commi 100 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 205/2017, in maniera strutturale per i giovani fino ai trenta anni e per il solo 2018 per coloro che non hanno superato i 35 anni (34 anni e 364 giorni).
La norma, mentre rinvia per la piena operatività dell’esonero, ad un Decreto “concertato” tra i Ministeri del Lavoro e dell’Economia da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, afferma che:
- L’assunzione deve essere a tempo indeterminato a “tutele crescenti” (c’è un richiamo al D.L. vo n. 23/2015) e riguarda il personale con qualifica di operaio, impiegato o quadro, essendo esclusi dall’ambito di applicazione del predetto Decreto, i dirigenti. A mio avviso, le “tutele crescenti” vanno intese in senso “atecnico”, come ebbe a dire la circolare n. 40/2018 dell’INPS, non avendo alcuna influenza negativa per quelle imprese che, magari a seguito di accordi sindacali aziendali, hanno sottoscritto impegni finalizzati al riconoscimento delle tutele ex art. 18 della legge n. 300/1970. L’assunzione può essere anche a tempo parziale (le agevolazioni, ovviamente, saranno “pro – quota”): il Legislatore non ne parla ma, secondo i principi fissati dalla normativa precedente e dai chiarimenti amministrativi espressi dall’INPS, e ferme restando le determinazioni del “Decreto concertato”, dovrebbero essere esclusi i rapporti di apprendistato (che godono di una “speciale” normativa incentivante), il lavoro intermittente, pur se a tempo indeterminato, ove la prestazione ha natura episodica e dipende dalla chiamata del datore di lavoro, il contratto di lavoro domestico (per la specialità del rapporto) e le prestazioni occasionali ex art. 54-bis della legge n. 96/2017, per le quali di “stabile” e di “tempo indeterminato” non c’è nulla. Per la verità l’esclusione dai benefici del rapporto di lavoro domestico risultava al comma 114, dell’art. 1 (cosa che nell’attuale testo non viene ripetuta e si hanno dubbi che ciò possa essere inserito in un Decreto Ministeriale finalizzato a stabilire le modalità) oltre all’apprendistato (ma qui il discorso appare più semplice alla luce del fatto che tale tipologia già fruisce di una normativa agevolatrice “specifica”);
- Il beneficio, previsto per un massimo di trentasei mesi, consiste nell’esonero dal versamento del 50% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi INAIL, nel limite massimo di 3.000 euro su base annua, riparametrato ed applicato su base mensile. Ciò significa che, fatte salve indicazioni diverse provenienti dal “Decreto concertato”, essendo le parole del tutto uguali a quelle contenute nella legge n. 205/2017, varranno le indicazioni fornite dall’INPS con la circolare n. 40/2018 sia per le modalità di fruizione che per gli altri “contributi minori” dovuti in aggiunta ai versamenti INAIL (ad esempio, quelli per gli interventi integrativi salariali o quelli di solidarietà dei lavoratori dello spettacolo e degli sportivi professionisti, o quelli destinati al finanziamento dei fondi interprofessionali per la formazione continua). Nella sostanza, il comma 100 dell’art. 1 della legge n. 205/2017 viene ripetuto “pedissequamente”, ad eccezione dell’ultimo periodo con il quale si specificava l’assenza di qualunque conseguenza sul futuro trattamento pensionistico, in quanto l’aliquota di computo delle prestazioni restava uguale, nonostante la riduzione della quota contributiva a carico del datore di lavoro: ora tale frase non c’è più;
- Il beneficio, applicando i criteri fissati dalla circolare INPS n. 40/2018 (se saranno confermati nel “Decreto concertato”), sarà cumulabile con quello previsto, per i disabili, dall’art. 13 della legge n. 68/1999 (subordinato al rispetto dell’incremento occupazionale) e con l’agevolazione prevista per l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori in NASPI (20% dell’indennità che sarebbe spettata al lavoratore fino al termine del trattamento (subordinata al rispetto del “de minimis” disciplinato dalle disposizioni comunitarie);
- L’agevolazione spetta ai datori di lavoro privati (anche non imprenditori) che assumono lavoratori “under 35” i quali non siano mai stati occupati con rapporto a tempo indeterminato con lo stesso o altro datore di lavoro, fatti salvi eventuali periodi di apprendistato (che è un contratto a tempo indeterminato) svolti presso un altro datore e non “consolidati” durante o al termine del periodo formativo. La circolare n. 40/2018 dell’INPS ha fornito, sotto questo aspetto, indirizzi abbastanza restrittivi come, ad esempio, “il mancato superamento del periodo di prova” in un contratto a tempo indeterminato che preclude la fruizione dell’agevolazione: vedremo cosa si dirà alla luce del “Decreto concertato”. L’agevolazione dovrebbe spettare anche in caso di trasformazione del rapporto da contratto a termine a contratto a tempo indeterminato (ovviamente, in presenza delle condizioni oggettive – non aver avuto precedenti rapporti a tempo indeterminato, neanche di poche ore settimanali – e soggettive – requisito anagrafico). Ho adoperato il termine condizionale in quanto nel testo approvato non c’è alcun riferimento a tale possibilità, cosa che, invece, sussiste (ed è strutturale) per gli “under 30” nella legge n. 205/2017. Nella ampia dizione di “datori di lavoro privati” la circolare INPS n. 40/2018 aveva ricompreso tutti gli Enti pubblici economici ed una serie di altri Enti come i consorzi di bonifica, i consorzi industriali, gli I.A.C.P. trasformati, in base alle diverse leggi regionali, in Enti pubblici economici con la ovvia, specifica esclusione, delle Amministrazioni Pubbliche ex art. 1, comma 2, del D.L.vo n. 165/2001, delle c.d. “Authority”, dell’ARAN e di altri Enti specificatamente individuati. Si ha motivo di ritenere che il “Decreto concertato” non si discosti da tale indirizzo;
- Il sistema informativo dell’INPS, già consente di verificare se il lavoratore ha avuto precedenti rapporti a tempo indeterminato ma l’Istituto, al momento, non attribuisce alla verifica alcun valore certificatorio.
Di più non afferma la disposizione ma ritengo che la fruizione del beneficio non possa che discendere dal rispetto dei commi 1175 e 1176 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 (regolarità contributiva, assenza di condanne o sanzioni definitive per violazioni delle norme in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro che comportano, come pena accessoria, la sospensione temporanea del DURC, rispetto del trattamento economico e normativo previsto dai contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale od aziendale, dalle organizzazioni sindacali di settore comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) e dall’osservanza degli obblighi scaturenti dall’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015, avendo presente che la circolare INPS n. 40/2018 ne ha dato, per gli stessi casi individuati dalla legge n. 205/2017 (art. 1, commi 100 e seguenti) una lettura “aperta”.
Resta impregiudicata (ma per l’entrata in vigore della norma alla data del 1° gennaio 2019 la questione sarà, sperabilmente, chiarita) la questione relativa agli “aiuti di Stato” di origine comunitaria, peraltro esclusi dalla circolare n. 40, in relazione al beneficio previsto dal comma 100, in quanto indirizzati alla totalità dei datori di lavoro.
C’è, poi, un’altra riflessione da fare: la norma sembra ricalcare quelle contenute nei commi da 100 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 205/2017 ma se ne discosta per alcune parti importanti. Alcune le ho già richiamate nei precedenti punti 1), 2) e 3), altre le enumero qui di seguito:
- Non è stata prevista la possibilità della fruizione parziale per il periodo residuo del beneficio in favore di quei datori di lavoro che assumono nuovamente un lavoratore a tempo indeterminato che, in virtù del proprio “status” ha fatto “godere” un altro datore delle agevolazioni previste: ovviamente, in questo caso, si fa riferimento a risoluzioni del rapporto con il giovane, comunque motivate;
- Non c’è un riferimento specifico al non riconoscimento dei benefici in favore di quei datori di lavoro che nei sei mesi antecedenti l’assunzione, abbiano proceduto a licenziamento per giustificato motivo oggettivo o a licenziamenti collettivi per riduzione di personale ex lege n. 223/1991, nella medesima unità produttiva. A tale mancato esplicito riferimento si può, comunque, ovviare ricordando, anche in via amministrativa, che l’art. 31 del D.L. vo n. 150/2015 esclude dal novero dei benefici i datori di lavoro che non rispettano i diritti di precedenza previsti dalla legge (e, nei casi di specie, il diritto di precedenza semestrale viene garantito dall’art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949);
- Manca la tutela di salvaguardia prevista al comma 105, secondo la quale l’agevolazione viene revocata se nel semestre successivo all’assunzione a tempo indeterminato il lavoratore o altro dipendente inquadrato con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva, venga licenziato;
Ma ci sono, poi, altre questioni che andranno chiarite: la nuova disposizione comporta una modifica implicita delle disposizioni dello scorso anno, come riportato nella nota di lettura del Servizio di Bilancio del portale web del Senato, o no?
Se la risposta è nel primo senso, cosa ne è dell’incentivo strutturale degli “under 30”?
Termina il 31 dicembre prossimo nella forma e con le modalità che abbiamo conosciute quest’anno e continua nei prossimi fino al 2020, con la disciplina appena varata, comprendendovi anche i lavoratori di età compresa tra i 30 ed i 35 anni?
E, dal 2021, riprenderà vigore “in toto” la previsione contenuta nei commi da 100 a 108?
Sono tutte cose che dovranno essere dipanate e, forse, a questo dovrebbe servire il “Decreto concertato”, previsto al comma 3 dell’art. 1-bis, creando un raccordo con le disposizioni tuttora vigenti della legge n. 205/2017.
Se una critica all’operato dell’attuale Legislatore può essere fatta (è comunque una critica dalla quale, per certi versi, non è esente neanche chi, negli anni precedenti, ha scritto norme in “materia di lavoro”) è che ci si trova di fronte ad un percorso legislativo non privo di difficoltà per l’interprete. Probabilmente, si sarebbe arrivati allo stesso risultato, qualora se si fosse sostenuto che il beneficio per gli “under 30” continua ad avere natura strutturale, scrivendo una disposizione secondo la quale “le parole “31 dicembre 2018” inserite nel comma 102 dell’art. 1 della legge n. 205/2017 sono sostituite dalle parole “31 dicembre 2020”.