Garanzia Giovani anche nel 2019 [E.Massi]

Bonus Garanzia Giovani 2019 esteso a tutto il nuovo anno: proroga dei termini per usufruire dell’incentivo occupazione che sarà valido anche per le assunzioni dal 1° gennaio al 31 dicembre 2019.

Con il Decreto Direttoriale n. 581 del 28 dicembre 2018, il Direttore Generale dell’ANPAL ha prorogato la misura dell’incentivo occupazione NEET a valere sul Programma Operativo Nazionale “Iniziativa Occupazione Giovani” per tutte le assunzioni effettuate da 1° gennaio al 31 dicembre 2019, nei limiti delle disponibilità finanziarie, con fruizione del beneficio, a pena di decadenza, entro il 28 febbraio 2021.
La dotazione finanziaria viene incrementata (art. 2) di ulteriori 60 milioni di euro, sicché la gestione della misura da parte dell’INPS avverrà nel limite della dotazione finanziaria complessiva, pari a 160 milioni di euro.

Il successivo art. 3 dichiara la permanenza delle disposizioni emanate con i D.D. n., 3 e n. 83 del 2018 ed afferma che i rapporti tra ANPAL ed INPS restano regolati da quanto disposto nel D.D., n. 425/II/2015 del 29 dicembre 2015.
Fin qui l’attuale Decreto che nulla cambia ai fini della operatività rispetto al 2018 e, conseguentemente, penso che nulla cambi rispetto a ciò che l’INPS ha dettato con la circolare n. 48 del 28 marzo 2018.

Da quanto appena detto discende, a mio avviso, la necessità di ricapitolare la normativa in vigore nel corso del 2018, ricordando che, ovviamente, l’Istituto potrà rivedere ed integrare i chiarimenti amministrativi forniti lo scorso anno.

Con l’art. 2 il Decreto Direttoriale del 2018 prorogato a tutto il 2019 prevede, in favore dei datori di lavoro privati che, senza esservi tenuti, assumano giovani profilati in Garanzia Giovani, uno specifico incentivo i cui importi, del tutto uguali a quelli dello scorso anno, sono determinati dall’art. 5.

La norma si rivolge a tutti i datori di lavoro privati, di qualsiasi dimensione occupazionale e con la sola delimitazione geografica rappresentata dalla Provincia di Bolzano: dalla dizione ne consegue che la disposizione si applica anche ai datori che non sono imprenditori (studi professionali, associazioni, fondazioni, ecc.) ed alle imprese private a capitale pubblico. Tra i destinatari della norma vi sono anche (art. 4, comma 3) le società cooperative (il Decreto non ne specifica le caratteristiche ma dalla lettura della circolare n. 48 si evince, chiaramente, il riferimento a quelle di “produzione e lavoro”).

Il Decreto Direttoriale sottolinea un’altra condizione: i datori di lavoro non debbono essere obbligati ad effettuare quella assunzione. Ciò significa, come ribadito dalla circolare n. 48, che vale “in toto” l’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015, laddove si afferma che l’agevolazione non spetta nel caso in cui l’assunzione scaturisca da un obbligo di natura legale o contrattuale o dal rispetto di un diritto di precedenza (ad esempio, precedente rapporto a termine con diritto ritualmente esercitato ex art. 24 del D.L.vo n. 81/2015, licenziamento avvenuto nei sei mesi antecedenti, mancato assorbimento, in caso di passaggio di azienda ex art. 2112 c.c., di parte del personale, nei dodici mesi successivi alla cessione, secondo la previsione contenuta nell’art. 47, comma 6, della legge n. 428/1990, ecc.). Ovviamente è appena il caso di sottolineare come l’agevolazione non possa non potrà essere riconosciuta anche nel caso in cui ricorrano altre ipotesi come quella, ad esempio, della assunzione di lavoratori con la stessa qualifica di altri dipendenti in integrazione salariale straordinaria in forza presso l’unità produttiva interessata all’assunzione.

Ma chi sono i giovani destinatari?
Sono quelli di età compresa tra i 16 ed i 29 anni, intesi come 29 anni e 364 giorni, che risultino essere disoccupati secondo la previsione contenuta nell’art. 19 del D.L.vo n. 150/2015.

Per i giovani di età compresa tra i 16 ed i 18 anni l’eventuale avviamento al lavoro è subordinato all’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e formazione che si concretizza con la frequentazione di almeno 10 anni di scuola. Se, al momento in cui il datore di lavoro prenota l’incentivo il giovane non dovesse risultare essere già stato preso in carico dai servizi per l’impiego competenti, sarà la stessa ANPAL ad interessare la Regione (o le Regioni in caso di offerta plurima) interessata. Trascorsi 15 giorni, se l’avvenuta presa in carico non si è verificata è la stessa ANPAL, operando una sorta di “avocazione”, a provvedere sulla scorta delle informazioni scaturenti dall’autodichiarazione del lavoratore: successivamente, l’Ente locale interessato potrà sottoporre a verifica i dati dichiarati dall’interessato.

L’art. 3 stabilisce gli ambiti territoriali di ammissibilità dell’incentivo ricordando la sola esclusione della provincia di Bolzano e sottolineando che lo stesso viene comunque riconosciuto anche in caso di trasferimento presso altra sede, a meno che quest’ultima non si trovi in Alto Adige.

Il successivo art. 4 del provvedimento individua le tipologie contrattuali portatrici dell’agevolazione. Esse sono:

  • Il contratto a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione;
  • Il contratto di apprendistato professionalizzante.

Il contratto a tempo indeterminato può essere anche a tempo parziale (art. 4, comma 2) ma, pur nel silenzio del Decreto, ritengo che, laddove il CCNL preveda un limite all’orario settimanale, non si possa andare sotto tale soglia, in quanto si andrebbe a configgere con la previsione dell’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 la quale correla il riconoscimento dei benefici al rispetto del trattamento economico e normativo scaturente dall’applicazione del CCNL di settore sottoscritto dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e, se esistenti, dagli accordi territoriali od aziendali. E’ appena il caso di sottolineare come tale ipotesi concretizzi una violazione del trattamento normativo, cosa che abilita l’INPS a procedere, nei limiti della prescrizione quinquennale, al recupero dei benefici.

Garanzia Giovani e la somministrazione
La norma agevola anche l’assunzione a tempo indeterminato a scopo di somministrazione: cosa giusta, attesa la completa equiparazione di tale tipologia al contratto di lavoro subordinato. Tale previsione va vista in un’ottica positiva anche alla luce del chiarimento amministrativo del Ministero del Lavoro, avvenuto con la circolare n. 17/2018 (punto 2), laddove si afferma, con riferimento ai contenuti del D.L. n. 87/2018, che “nessuna limitazione è stata introdotta per l’invio in missione di lavoratori assunti a tempo indeterminato. Pertanto, in questo caso, ai sensi dell’art. 31 del decreto legislativo n. 81/2015, tali lavoratori possono essere inviati in missione sia a tempo indeterminato che a termine presso gli utilizzatori senza obbligo di causale o limiti di durata, rispettando i limiti percentuali stabiliti dalla predetta disposizione”.
Anche il contratto di apprendistato professionalizzante finalizzato ad una qualificazione trova le proprie specifiche agevolazioni che, comunque, è bene sottolinearlo, riguarderanno soltanto i primi dodici mesi successivi all’assunzione avvenuta nel corso del 2019: a partire dal tredicesimo mese e fino al termine del periodo formativo continueranno a valere le aliquote contributive proprie determinate dai limiti dimensionali del datore di lavoro.

Lo scorso anni l’INPS sottolineò (cosa che rimane attuale) che sono fuori dal riconoscimento sia il rapporto di lavoro domestico (per la peculiarità del rapporto), il lavoro intermittente a tempo indeterminato (per la discontinuità della tipologia che dipende, unicamente, dalla “chiamata” del datore) e le prestazioni di natura occasionale previste dall’art. 54-bis del D.L. n. 50/2017, convertito nella legge n. 96/2017 e da successive modificazioni (che, in ogni caso, non possono dar luogo, per la loro specifica natura, ad alcun tipo di rapporto a tempo indeterminato non potendo superare le 280 ore annuali ed i limiti reddituali ivi previsti). Restano, altresì, fuori dal campo di applicazione i contratti di apprendistato di primo livello (art. 43 del D.L.vo n. 81/2015) e di alta formazione e ricerca (art. 45) ed i contratti a termine trasformati a tempo indeterminato. Tale ultima esclusione, secondo l’indirizzo espresso dall’Istituto lo scorso anno con la circolare n. 48, scaturisce dal fatto che, in caso di trasformazione, il giovane non è in possesso del requisito che è alla base del beneficio, ossia la preventiva profilazione, come NEET, che è la condizione che deve sussistere prima dell’assunzione.

In caso di assunzione a tempo indeterminato a scopo di somministrazione il beneficio viene riconosciuto sia per la somministrazione a tempo indeterminato (“staff leasing”) che per quella a termine, ivi compresi i periodi in “attesa di assegnazione”.
Il beneficio viene, nella sostanza, imputato al lavoratore, nel senso che può essere riconosciuto per un solo rapporto a prescindere dalla causa di risoluzione del rapporto (licenziamento, dimissioni, ecc.) e anche dalla effettiva fruizione: ciò vale sia per lo stesso datore che per un altro.

L’art. 4 continua (comma 4) ricordando che il beneficio spetta anche alla società cooperativa che dopo il rapporto associativo, stipula un ulteriore contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 142/2001.

L’art. 5 del Decreto Direttoriale prorogato ricorda che l’incentivo è pari alla contribuzione a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi INAIL, e di altra contribuzione “minore” come, specifica l’INPS nella circolare n. 48, per dodici mesi a partire dalla data di assunzione, con un tetto fissato ad 8.060 euro, riparametrato ed applicato su base mensile.

Ciò significa, ad esempio, che per i rapporti a tempo pieno ed indeterminato la soglia massima è pari a 671,66 euro al mese, cosa che comporta un valore giornaliero per i rapporti instaurati e risolti nel corso del mese pari a 21,66 euro (671,66:31). In caso di rapporto a tempo indeterminato part-time, il tutto viene proporzionalmente ridotto.

L’incentivo va fruito, a pena di decadenza, entro il 28 febbraio 2021, in modo tale da consentire il “godimento” anche a chi dovesse attivare i rapporti negli ultimissimi giorni del 2019.

Ma, il periodo di godimento dell’agevolazione può essere sospeso?

La risposta è positiva nel solo caso della assenza obbligatoria per maternità, con differimento temporale del beneficio che, comunque, deve essere “goduto”, a pena di decadenza, entro l’ultimo giorno possibile (28 febbraio 2021).

Per la fruizione del beneficio vengono richiesti alcuni requisiti essenziali che si rinvengono sia nella normativa nazionale che in quella comunitaria:

  • Rispetto dell’art. 1, commi 1175 e 1176 della legge n. 296/2006: ciò significa regolarità contributiva, osservanza delle disposizioni poste a tutela delle condizioni di lavoro cosa che comporta il non aver riportato condanne penali o sanzioni amministrative definitive per le violazioni riportate nell’Allegato al D.M. sul DURC del 23 febbraio 2016, spiegate dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 33/2016. A tutto questo si deve aggiungere il rispetto, fermi restando gli altri obblighi normativi, degli accordi e dei contratti collettivi nazionali sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e, se esistenti, territoriali od aziendali (tale norma, pur nel rispetto dell’art. 39 della Costituzione, “taglia fuori” ai fini del riconoscimento del beneficio contributivo, quei contratti che risultino stipulati da associazioni di settore che non hanno il requisito di cui si è appena parlato). In caso di somministrazione il requisito della regolarità contributiva riguarda l’Agenzia di lavoro, mentre quelle concernenti la tutela delle condizioni di lavoro gravano sia sul soggetto che somministra che sull’utilizzatore, atteso che, entrambi, hanno obblighi ex D.L.vo n. 81/2008 nei confronti del lavoratore;
  • Rispetto dei principi generali fissati dall’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015: ciò significa che l’agevolazione non spetta se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente stabilito dalla legge (art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949, art. 47, comma 6, della legge n. 428/1990) o dalla contrattazione collettiva (ad esempio, CCNL imprese multi servizi in caso di cambio di appalto), o se è stato violato un diritto di precedenza regolarmente esternato per iscritto (art. 24 del D.L.vo n. 81/2015): ovviamente, quanto appena detto vale anche per i lavoratori stagionali per i quali la precedenza, da esercitare entro tre mesi dalla cessazione del contratto, vale soltanto per un altro rapporto stagionale. Il beneficio non spetta anche nel caso in cui siano in corso sospensioni dal lavoro per crisi o riorganizzazione aziendale (ma anche in presenza di contratti di solidarietà difensivi) a meno che ad essere assunti non siano lavoratori di un livello diverso da quello posseduto dai soggetti sospesi o siano destinati ad un’altra unità produttiva diversa da quella in integrazione salariale straordinaria. L’incentivo non spetta neanche nella ipotesi in cui ad essere assunti siano lavoratori licenziati, nel semestre antecedente l’instaurazione dei rapporti, da imprese che presentino assetti proprietari sostanzialmente coincidenti, ovvero in rapporto di collegamento o controllo;
  • In caso di tardivo invio delle comunicazioni telematiche obbligatorie concernenti l’instaurazione o la modifica del rapporto di lavoro, il beneficio non viene riconosciuto per il periodo “non coperto” fino alla tardiva comunicazione.

Ma gli ostacoli al riconoscimento dell’agevolazione non finiscono qui: infatti i successivi articoli 6 e 7 portano i datori di lavoro a confrontarsi con la normativa e gli obblighi comunitari.

L’art. 6 affronta il tema della compatibilità con la normativa in materia di aiuti di Stato: quindi l’agevolazione rientra nel “de minimis” (Regolamento UE n. 1407 del 18 dicembre 2013), fatto salvo il caso in cui si verifichi un incremento occupazionale netto (art. 32 del Regolamento UE n. 651 del 17 giugno 2014), cosa che consente, a determinate condizioni, lo “sforamento” del tetto relativo agli aiuti di Stato.

La condizione dell’incremento occupazionale netto non trova applicazione allorquando la riduzione di personale, nei dodici mesi antecedenti sia dovuta a dimissioni volontarie (che, oggi, non possono che essere tali in quanto “blindate” dalla procedura ex art. 26 del D.L.vo n. 151/2015 o da quella ex D.L.vo n. 151/2001 per le lavoratrici avanti all’Ispettorato territoriale del Lavoro), invalidità, pensionamento per raggiunti limiti di età, riduzione volontaria dell’orario di lavoro (part-time concordato ma anche part-time volontario in alternativa al congedo per maternità) e licenziamento per giusta causa.

Se viene sforato il tetto fissato dalla normativa sugli aiuti di stato l’INPS revoca l’incentivo ed applica le sanzioni civili di legge: l’Istituto monitora le situazioni attraverso il Registro nazionale degli aiuti di Stato istituito ex art. 52 della legge n. 234/2012.

In presenza di un incremento occupazionale netto, come si diceva, si può “sforare” il limite del “de minimis” ma l’importo (art. 7, comma 1), secondo la previsione del comma 5 dell’art. 32 del Regolamento n. 651/2014 non può superare la c.d. “intensità di aiuto” che è fissata al 50% dei costi ammissibili.
Per quel che riguarda l’incremento occupazionale netto che viene richiesto qualora si intenda usufruire dell’incentivo oltre il “de minimis”, occorre tener presente che:

  • Secondo la Corte di Giustizia Europea (sentenza, sezione II, del 2 aprile 2009, n. C- 415/07) è necessario raffrontare “il numero medio di unità Lavoro anno dell’anno precedente l’assunzione con il numero medio di unità lavoro anno dell’anno successivo all’assunzione”;
  • L’incremento deve essere valutato non rispetto alla singola unità produttiva presso la quale si svolge il rapporto di lavoro ma con riguardo alla struttura complessiva dell’azienda (nel caso che ci si trovi di fronte alla c.d. “impresa unica” disciplinato dal Regolamento CE n. 1407/2013 sarà necessario effettuare il calcolo sulla totalità dei dipendenti delle aziende che rientrano in tale dizione). Esso va mantenuto per tutto il periodo di assunzione agevolata, secondo la previsione contenuta nell’art. 31, comma 1, lettera f) del D.L.vo n. 150/2015;
  • La valutazione dell’incremento comporta il computo di tutte le tipologie a tempo indeterminato e determinato (per quest’ultimo valgono i principi contenuti nell’art. 27 del D.L.vo n. 81/2015): per il lavoro intermittente il riferimento normativo ai fini del computo è contenuto nell’art. 18 del D.L.vo n. 81/2015, mentre non vengono prese in considerazione le prestazioni di lavoro occasionale ex art. 54-bis della legge n. 96/2017. Nel caso in cui un contratto a termine venga stipulato per la sostituzione di un lavoratore assente, va calcolato soltanto il “titolare del posto”;
  • La verifica dell’incremento occupazionale va effettuata ogni mese (art. 31, comma 1, lettera f, del D.L.vo n. 150/2015 e art. 7, comma 3, del Decreto Direttoriale n. 3/2018): se, per una qualsiasi ragione (al di fuori delle esimenti di cui si è già parlato) essa viene meno, anche l’agevolazione viene meno dal mese successivo e l’eventuale ripristino delle condizioni consente di fruire, nuovamente, dell’incentivo ma i mesi perduti non si possono recuperare.

Ma, il Decreto Direttoriale prorogato ed i chiarimenti dell’INPS dello scorso anno non si fermano qui e ricordano che, in caso di sforamento del tetto del “de minimis”, oltre all’incremento occupazionale, qualora ad essere interessato sia un giovane di età compresa tra i 25 ed i 34 anni, sarà necessario che costui sia in possesso di almeno uno dei quattro requisiti sotto riportati:

  • Privo di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, secondo la definizione già fornita, a suo tempo, dal D.M. 20 marzo 2013 e, sostanzialmente, confermato dal D.M. 17 ottobre 2017;
  • Mancanza di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado o di una qualifica o diploma di istruzione e formazione professionale;
  • Completamento della formazione a tempo pieno da non oltre due anni e assenza di un primo impiego regolarmente retribuito;
  • Assunzione in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che superi almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato, ovvero l’assunzione sia avvenuta in settori in cui sia riscontrato il richiamato differenziale nella misura di almeno il 25%, ai sensi del Decreto Interministeriale n. 335 del 10 novembre 2017. Tale Decreto non rappresenta altro che l’attuazione dell’art. 2, punto 4, lettera f) del Regolamento (UE) n. 651/2014.

Ciò che è stato appena riportato, è contenuto nell’art. 7 del Decreto il quale, all’ultimo comma, ricorda anche che il controllo sul rispetto della normativa sugli aiuti di Stato è affidato all’INPS ed agli organi periferici di vigilanza dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Ora, due parole sul “de minimis” sul quale, egregiamente, l’Istituto si è soffermato più volte in numerosi chiarimenti amministrativi.

Il Regolamento CE n. 1998/2006 della Commissione del 15 dicembre 2006, riguardante l’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato, ha introdotto alcune deroghe concernenti sovvenzioni considerate di “importo minimo”, ritenendo che le stesse possano non essere considerate come “aiuti di Stato”. In via generale, non sono tali se non superano, in un arco triennale rappresentato da tre esercizi finanziari, la somma complessiva di 200.000 euro che nel settore del trasporto su strada scende a 100.000, in quello della pesca a 30.000 e nell’ambito della produzione di prodotti agricoli a 15.000.

Ai fini del “de minimis” la nozione di impresa è diversa da quella generalmente adottata: infatti, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, essa ricomprende ogni entità che esercita un’attività di tipo diverso. C’è, in ogni caso, da ricordare come il 18 dicembre 2013 sia stato approvato il Regolamento CE n. 1407/2013 che, sempre con riferimento, al “de minimis” individua alcuni criteri che, pur in presenza di una pluralità di aziende, riportano le stesse sotto il concetto di “impresa unica” ai fini dei limiti economici sopra evidenziati. Le ipotesi sono le seguenti:

  • Quando un’impresa possiede la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o dei soci di altra impresa;
  • Quando un’impresa ha il diritto di nominare e revocare la maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione, degli organi di direzione e di sorveglianza di altra azienda;
  • Quando un’impresa esercita una influenza dominante verso un’altra azienda;
  • Quando un’impresa azionista o socia di altra impresa controlla da sola, con accordi sottoscritti, la maggioranza dei diritti di voto.

Il Regolamento CE n. 1407/2013 regolamenta il “de minimis” a partire dal 1° gennaio 2014: sostanzialmente, si pone in linea con il precedente n. 1998/2006, con alcune innovazioni formali (otto articoli invece di sei con espressioni che sembrano più semplificate), ma anche sostanziali. È il caso dell’art. 1, par. 2, dove si stabilisce che nell’ipotesi in cui un’impresa svolga sia attività rientranti nel campo di applicazione del Regolamento che in settori esclusi, la regola del “de minimis” trova applicazione soltanto relativamente alle attività ammesse, a condizione che lo Stato membro garantisca che le attività esercitate nei settori esclusi non beneficino degli aiuti “de minimis” concessi.

Per completezza di informazione si ricorda che anche nel nuovo Regolamento sono elencati i settori esclusi che sono gli stessi compresi nel vecchio:

  • Imprese operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura;
  • Imprese della produzione primaria di prodotti agricoli;
  • Imprese operanti nel settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, limitatamente ad alcune fattispecie;
  • Imprese che usufruiscono di aiuti per attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri o direttamente collegati a quantitativi esportati;
  • Imprese che fruiscono di aiuti subordinati all’impiego di prodotti nazionali rispetto a quelli di importazione

Con l’art. 8 avviene “l’aggancio” con l’incentivo strutturale all’occupazione giovanile: il Decreto parla di cumulabilità con lo “sgravio contributivo” previsto dal comma 100 dell’art. 1, della legge n. 205/2017. Ora, ma su questo occorre attendere anche il D.M. “concertato” tra lavoro ed Economia previsto dal comma 3 dell’art. 1-.bis del D.L. n. 87/2018, si deve vedere questa norma in correlazione a quanto riportato nella disposizione appena richiamata.

Il Decreto parla, per i primi dodici mesi di sommatoria delle agevolazioni fino al limite massimo complessivo di 8.060 euro su base annua, riparametrato e su base mensile.

Una brevissima riflessione si rende necessaria.
La circolare n. 40/2018 dell’INPS, emanata per fornire indicazioni amministrative del predetto beneficio contributivo afferma che la cumulabilità “risulta coerente e in esecuzione dei principi generali e degli indirizzi che regolano i Fondi strutturali e di Investimento Europei, secondo i quali gli interventi cofinanziati dall’Unione Europea ricoprono un carattere di addizionalità rispetto alle politiche nazionali degli Stati membri”. Di conseguenza, il cumulo è possibile a condizione che il giovane non abbia mai avuto un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

La circolare n. 48, oltre a ribadire i principi appena espressi aggiunge altre precisazioni che, ritengo, possano valere anche per l’anno in corso (anche se, opportunamente, per la piena operatività è doveroso attendere chiarimenti in tal senso da parte dell’Istituto):

  • La previsione contenuta nel comma 114 dell’art. 1 della legge n. 205/2017 relativa alla non cumulabilità “con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, limitatamente al periodo di applicazione degli stessi”, si applica agli strumenti previgenti e non ma quelli introdotti successivamente alla sua entrata in vigore;
  • La cumulabilità tra i due incentivi postula una riduzione di quello di “Garanzia giovani” che viene ad essere, al massimo, di 5.060 euro in quanto fino a 3.000 euro (nella quota massima del 50% sugli oneri a carico del datore di lavoro, “copre” la previsione del comma 100) e, ora, quella prevista dall’art. 1-bis del D.L. n. 87/2018;
  • in caso di cumulo l’ammontare massimo, riparametrato su base mensile, è pari a 421,66 euro (5.060:12), mentre quello giornaliero per i rapporti instaurati o cessati nel corso del mese è di 13,60 euro (421,66:31);
  • nel caso in cui (vengono fatti alcuni esempi ma, per brevità se ne riporta uno soltanto) un datore di lavoro debba pagare una contribuzione previdenziale pari a 400 euro al mese, 200 potranno essere imputati allo sgravio contributivo di cui al comma 100, 200 euro pari al 50% e la residua quota potrà essere imputata al beneficio di “Garanzia giovani NEET”.

Ma, quale è la procedura per poter “godere” dell’incentivo?
I passaggi sono tutti descritti negli articoli 10 e 11: la circolare n. 48, valida per lo scorso anno, detta, puntualmente una serie di passaggi che, per la loro piena operatività, dovrebbero essere confermati dall’Istituto, con una nuova nota. Essi, se saranno confermati, sono:

  • I datori di lavoro interessati debbono presentare una istanza preliminare di ammissione al beneficio, direttamente all’INPS e soltanto in via telematica, avvalendosi del modulo di domanda “NEET” che si trova nell’applicazione “DiresCO” con i dati relativi all’assunzione effettuata o da effettuare, la Regione e la Provincia di esecuzione della prestazione lavorativa, l’importo della retribuzione mensile media, comprensiva dei ratei relativi alla tredicesima ed alla, eventuale, quattordicesima mensilità, la misura dell’aliquota contributiva datoriale oggetto di sgravio, con l’indicazione relativa alla eventuale cumulabilità con lo sgravio previsto dall’art. 1-bis del D.L. n. 87/2018 che sembra aver “copiato” quello indicato dal comma 100 dell’art. 1 della legge n. 205/2017;
  • L’INPS consulta gli archivi informatici dell’ANPAL per verificare la posizione del lavoratore in relazione al “programma Garanzia giovani” (iscrizione, profilazione, ecc.), determina l’importo del beneficio spettante sia in relazione alla durata che alla retribuzione desunta dal contratto sottoscritto, accerta la disponibilità delle risorse e comunica il buon esito della pratica con l’importo dell’agevolazione che si intende prenotata. Qualora l’istanza non venga accolta per carenza di fondi, la stessa resta valida per 30 giorni, conservando la priorità acquisita con la data di prenotazione: trascorso tale periodo senza una soluzione positiva, la domanda perde efficacia;
  • In caso di accoglimento dell’istanza, sul datore di lavoro, entro i successivi 10 giorni (da calcolare seguendo il calendario) incombe l’onere di comunicare, a pena di decadenza dall’incentivo, l’avvenuta assunzione, con conferma della prenotazione. L’inosservanza del termine comporta la inefficacia della precedente prenotazione delle somme, cosa che, peraltro, non preclude la possibilità di presentare un’altra istanza successivamente. La circolare n. 48 richiamava l’attenzione sul fatto che i dati debbono corrispondere a quelli contenuti nelle comunicazioni telematiche Unilav/Unisomm, con particolare riguardo ai codici fiscali delle parti (datore e lavoratore) ed alla tipologia contrattuale;
  • In caso di assunzione a tempo parziale con successivo aumento concordato delle more o trasformazione del rapporto a tempo pieno, il beneficio fruibile non può superare il tetto massimo già autorizzato con le procedure telematiche. La ragione di ciò si trova sia nei vincoli legati al finanziamento che nella normativa sugli aiuti di Stato ove viene richiesta, a priori, la individuazione dell’importo massimo di aiuti che possono essere riconosciuti. Qualora, al contrario, si assista ad una riduzione, sia pure concordata, dell’orario di lavoro, grava sul datore l’onere di riparametrare l’incentivo e di fruirne per un importo ridotto;
  • L’erogazione del beneficio avviene attraverso il sistema del conguaglio relativo alle denunce contributive (UniEmens, ListaPosPA o DMAG);
  • Nel caso in cui le assunzioni siano state effettuate prima della disponibilità del modello telematico (ci si riferiva a quelle avvenute a partire dal 1° gennaio 2018 – ora si dovrebbe parlare di 1° gennaio 2019 – e pervenute nei 15 giorni successivi al rilascio della modulistica online), le richieste saranno “lavorate” secondo l’ordine cronologico di decorrenza dell’assunzione.

23 Gennaio 2019


Fonte : Dottrina Lavoro