Diffida amministrativa per sanare le violazioni: come funziona e quando si applica

L’istituto della diffida amministrativa, introdotto dal D.Lgs. n. 103 del 2024, offre la possibilità di
sanare determinate violazioni senza l’applicazione di sanzioni. Come funziona? Gli ispettori del
lavoro possono intimare l’interessato a porre termine alla violazione, ad adempiere alle
prescrizioni violate e a rimuovere le conseguenze dell’illecito amministrativo, entro un termine
non superiore a 20 giorni. L’ottemperanza alla diffida estingue il provvedimento sanzionatorio
limitatamente alle inosservanze sanate. Per l’applicazione occorre però che siano rispettate
alcune condizioni. Ad esempio, la violazione accertata non deve essersi anche verificata nel
quinquennio precedente la constatazione. Quali sono gli altri punti fondamentali che
giustificano l’applicazione del nuovo istituto? Quando non è applicabile?
Il 2 agosto 2024 è entrato in vigore il D.L.vo 12 luglio 2024, n. 103 il quale si rivolge, in una logica
di semplificazione dei controlli relativi a tutte le attività economiche, a tutte le
Pubbliche Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, nonché degli Enti locali.
Il provvedimento normativo rinvia per la piena attuazione, ad alcune attuazioni amministrative
di notevole importanza come il fascicolo informatico di impresa con i relativi obblighi di
consultazione per chi effettua i controlli che sarà tenuto dalle Camere di Commercio (art. 4), il
varo dei principi generali del procedimento di controllo (art. 5) il cui onere ricade sia sui
Ministeri che sulle Regioni e sugli altri Enti interessati (ovviamente, per le parti di competenza),
previsto dall’art. 5, o anche l’impegno delle amministrazioni che debbono “garantire la piena
conoscenza degli obblighi ai quali i soggetti controllati sono tenuti ad eliminare sovrapposizioni
e duplicazioni di controlli” (art. 2).

Attività di vigilanza dell’INL
Tra i soggetti interessati dalle nuove disposizioni c’è anche l’Ispettorato Nazionale del Lavoro
che ha emanato, con la nota n. 1357 del 31 luglio 2024, della propria Direzione Giuridica, le prime
indicazioni operative per il proprio personale.
L’attività di vigilanza trova, essenzialmente, norme che la riguardano nell’art. 6.
Ma, andiamo con ordine partendo dall’articolato il quale afferma che “Salvo che il fatto
costituisca reato, per le violazioni per le quali è prevista l’applicazione della sanzione
amministrativa pecuniaria non superiore nel massimo a 5.000 euro, l’organo incaricato del
controlli, nel caso in cui accerti, per la prima volta nell’arco di un quinquennio, l’esistenza di
violazioni sanabili, diffida l’interessato a porre termine alla violazione, ad adempiere alle
prescrizioni violate e a rimuovere le conseguenze dell’illecito amministrativo, entro un
termine non superiore a 20 giorni. In caso di ottemperanza alla diffida, il provvedimento
sanzionatorio si estingue limitatamente alle inosservanze sanate. L’istituto della diffida
amministrativa di cui al presente decreto non si applica a violazioni di obblighi che riguardano
la tutela della salute, la sicurezza e l’incolumità pubblica e la sicurezza sui luoghi di lavoro”

Come funziona e quando si applica la diffida amministrativa
Ma, quali sono i punti fondamentali che giustificano l’applicazione del nuovo istituto? Queste
sono le risposte:
a) la diffida amministrativa si applica laddove si è in presenza di una sanzione
amministrativa pecuniaria che rientra nell’ambito della legge n. 689/1981;
b) la sanzione amministrativa non deve prevedere, nella misura massima, un importo
superiore a 5.000 euro (limite previsto “in astratto” dalla norma): ciò significa che la diffida
è inapplicabile, ad esempio, sia alla maxi sanzione per lavoro nero, che alle sanzioni
proporzionali, correlate alla durata della violazione, come quelle ex art. 15, comma 4, della legge
n. 68/1999 relativa alla scopertura dei posti riservati ai lavoratori disabili;
c) la violazione accertata non deve essersi anche verificata nel quinquennio precedente
la constatazione: di qui la necessità di un accertamento “a ritroso” da parte degli organi di
vigilanza;
d) la violazione deve essere materialmente sanabile, con esclusione, quindi, di tutte quelle
situazioni in cui l’interesse giuridico non è recuperabile, come, ad esempio, il pagamento delle
retribuzioni effettuato con modalità non tracciabili. Essa appare applicabile alle violazioni
amministrative documentali come quelle correlate alla elaborazione del LUL, a meno che
l’inosservanza si sia verificata per un periodo superiore a 12 mesi o abbia interessato più di 10
lavoratori, in quanto la sanzione massima risulterebbe superiore a 5.000 euro;
e) la violazione accertata non deve essere “figlia” di un adempimento che il nostro Paese ha
effettuato per adeguarsi all’ordinamento europeo (ad esempio, Direttive comunitarie) o al
diritto internazionale come, ad esempio, gli obblighi di informazione sul rapporto di lavoro a cui
è tenuto il datore, alla luce del D.L.vo n. 104/2022 che ha modificato la norma originaria
contenuta nel D.L.vo n. 152/1997 (anch’essa frutto di una precedente Direttiva europea): a tal
proposito, va ricordato come la Direttiva n. 2019/1152, da cui ha tratto origine il D.L.vo n.
124/2022, affermi che le sanzioni debbono avere caratteristiche di dissuasione, effettività e
proporzionalità, cosa non possibile con il provvedimento di diffida amministrativa.
La diffida amministrativa non è, invece, applicabile:
a) nelle violazioni che riguardano la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro che non sono
soltanto quelle previste dal D.L.vo n. 81/2008, la cui rilevanza è in grandissima parte, di natura
penale e, quindi, esclusa;
b) nelle violazioni previste dall’ordinamento come penali (è il caso, ad esempio, della
somministrazione illecita o fraudolenta, del distacco illecito, dell’appalto illecito le cui sanzioni
sono state riviste dall’art. 29 del D.L. n. 19/2024);
c) nelle violazioni che derivano dall’adempimento da parte dello Stato Italiano a “vincoli
derivanti dall’ordinamento europeo e dal diritto internazionale”, come detto pocanzi.
L’INL, riservandosi ulteriori approfondimenti anche alla luce dei comportamenti sanzionabili con
la diffida amministrativa, invita gli ispettori del lavoro che dovessero trovare situazioni in cui è
applicabile la diffida amministrativa, ad intimare al trasgressore di porre termine alla
violazione, a sanare le irregolarità ed a ripristinare, se necessario, la situazione “quo ante”,
adempiendo alle prescrizioni impartite dagli ispettori del lavoro, entro un periodo non
superiore a 20 giorni (i termini concessi sono sospensivi di quelli previsti per la notifica degli
estremi della violazione). L’adempimento estingue, senza alcun addebito, la sanzione ma, in
caso di mancata osservanza, si seguirà la procedura ordinaria (contestazione dell’illecito entro
90 giorni ex art. 14 della legge n. 689/1981 ed applicazione degli importi sanzionatori ex art. 16).
La Direzione Giuridica dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ricorda, inoltre, che il soggetto
controllato non è responsabile allorquando la violazione sia stata commessa per errore sul
fatto non determinato da colpa, cosa non nuova nel nostro ordinamento, atteso che se ne trova
una di analogo contenuto nel comma 2 dell’art. 3 della legge n. 689/1981.
Ovviamente, è appena il caso di sottolineare che la diffida amministrativa ex D.L.vo n. 103/2024
non va assolutamente confusa con la diffida ex art. 13 del D.L.vo n. 124/2004 e con la diffida
accertativa per crediti patrimoniali.
La nota dell’INL si sofferma anche su altri principi contenuti nel D.L.vo n. 103/2024: è il caso
individuato dal comma 3 dell’art. 5 laddove si afferma che fatte salve le richieste dell’autorità
giudiziaria o le specifiche segnalazioni di soggetti privati e pubblici (come le denunce ben
motivate pervenute negli Ispettorati territoriali del Lavoro), i casi previsti dal diritto dell’Unione
Europea, i controlli in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro o nelle situazione di
rischio ove occorre intervenire immediatamente, le amministrazioni sono tenute a programmare
gli interventi con intervalli temporali correlati alla gravità dei rischi (ma la maggior parte degli
interventi degli ispettori del lavoro sono correlati a situazioni di sicurezza sul lavoro ed a
situazioni di rischio).
C’è, poi, un altro passaggio, nel comma 6 dell’art. 5 laddove si ipotizza uno strumento,
sostanzialmente analogo, alla “lista di conformità” disciplinata dall’art. 29, commi 7, 8 e 9 del
D.L. 19/2024: quest’ultima, viene considerata “norma speciale” dall’INL (ma si attendono ancora
disposizioni operative per la piena applicazione), per cui i contenuti del predetto comma non si
dovrebbero applicare.
Ovviamente, tutte le informazioni relative all’inserimento del datore di lavoro nella “lista di
conformità” dovranno essere inviate anche al fascicolo informatico d’impresa gestito dalle
Camere di Commercio, alfine di consentirne la conoscenza da parte di altre amministrazioni
pubbliche interessate ai controlli per la parte di loro competenza.
Il D.L.vo n. 103/2024 prevede, inoltre, altri tre passaggi importanti che possono così riassumersi:
a) sullo stesso operatore economico non possono essere svolte ispezioni da parte di più
Enti in contemporanea, a meno che non si tratti di ispezioni congiunte: di qui la necessità di
uno stretto coordinamento tra i soggetti interessati che, in linea di massima, per la “materia
lavoro”, oltre all’Ispettorato territoriale del Lavoro, sono l’INPS, l’INAIL, la Guardia di Finanza,
l’Agenzia delle Entrate e le ASL;
b) i provvedimenti adottati (art. 5), ivi comprese le sanzioni, debbono rispettare il principio di
proporzionalità rispetto al livello di rischio, al pregiudizio arrecato ed alle dimensioni
dell’azienda controllata. Questo principio generale riguarda un momento successivo
all’ispezione, quello dell’ordinanza-ingiunzione e chiama in causa, direttamente, i Dirigenti degli
Ispettorati territoriali, essendo un provvedimento d loro esclusiva competenza. In ogni caso, si
tratta di criteri che vanno ad aggiungersi (e, parzialmente, a sovrapporsi) a quelli già individuati
dall’art. 11 della legge n. 689/1981 laddove si afferma che “si ha riguardo alla gravità della
violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze
della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche”;
c) sempre l’art. 5 prevede un ulteriore adempimento, al quale l’INL (per i giusti motivi sotto
riportati) ritiene di essere escluso: è fatto obbligo alle amministrazioni interessate, prima
dell’accesso in azienda, di chiedere al datore di lavoro l’elenco della documentazione
necessaria per la verifica. Tale onere non riguarda gli accessi “imprevisti e senza
preavviso” come è prassi che avvenga allorquando gli organi di vigilanza effettuano controlli
su lavoro nero, sulla salute e sicurezza nei posti di lavoro. Ovviamente, una eventuale richiesta
preventiva di documenti vanificherebbe l’intervento programmato.

Considerazioni finali
Da ultimo, una breve considerazione: occorrerà, nel medio-lungo termine, valutare l’effettivo
impatto su tutte le Amministrazioni pubbliche (Ministeri, Regioni, ecc.) in un’ottica di rapporto
con il cittadino con il quale si intendono sanare violazioni di natura, tutto sommato, lieve.
Per quel che riguarda, invece, l’attività degli organi di vigilanza sul lavoro, in ragione delle
numerose eccezioni, giustamente previste, perchè correlate alla tutela di interessi primari del
lavoratore, l’utilizzo effettivo della diffida amministrativa, dovrebbe essere molto limitato.


27 Settembre 2024


Fonte : WOLTERS KLUWER – Ipsoa Lavoro