Decreto Dignità: lavoro a termine con troppe incertezze sul periodo transitorio

La gestione dei contratti di lavoro a tempo determinato si trova a fare i conti con le nuove regole dettate dal Decreto Dignità e della relativa legge di conversione entrata in vigore lo scorso 12 agosto.

Le novità introdotte dal Decreto Dignità in merito ai contratti a tempo determinato non si applicano ai rinnovi e alle proroghe di contratti in corso. Per quelli in essere alla data di entrata in vigore del DL n. 87/2018 è previsto un periodo transitorio fino al 31 ottobre 2018.

I nuovi termini di durata, le nuove regole su proroghe e rinnovi si applicheranno in tal caso a partire dal 1° novembre 2018 mentre saranno immediatamente in vigore per i rapporti di lavoro a termine stipulati a seguito dell’entrata in vigore delle nuove norme (il 14 luglio 2018).

Si tratta di una realtà complessa anche per via delle incertezze derivate dalla introduzione, nel testo definitivo del provvedimento, del periodo transitorio che terminerà il prossimo 31 ottobre.
Le imprese devono dunque attentamente verificare, prima di procedere al rinnovo del rapporto esistente o alla stipula di un nuovo contratto, i termini di vigenza delle nuove disposizioni.

Previsioni del Decreto Dignità – L’articolo 1, al primo comma, riduce la durata massima del contratto di lavoro a termine: dai precedenti 36 mesi si passa al limite dei 12 mesi, definendo alcune ipotesi in cui il contratto a tempo determinato può avere una durata superiore, nel rispetto del limite massimo di 24 mesi.

La possibilità di proroga del contratto fino a 24 mesi è concessa soltanto nel caso di esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività, di esigenze di sostituzione di altri lavoratori oppure di esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’ordinaria attività di lavoro.

La durata massima di un contratto a tempo determinato passa da 36 a 24 mesi e, nei due anni, il numero di rinnovi e proroghe non potrà essere superiore a 4. Nel caso di superamento dei limiti sopra indicati, il contratto si trasforma in automatico a tempo indeterminato.

Nuovi termini di vigenza – I contratti sottoscritti prima del 14 luglio 2018 restano soggetti alle vecchie regole in materia di proroghe e rinnovi, senza alcun obbligo di motivare tali atti, con la possibilità di operare fino a 5 proroghe o rinnovi entro il 31 ottobre 2018.

Dal 1° novembre 2018 la nuova disciplina va applicata anche ai contratti a termine stipulati prima della sua entrata in vigore. Potrebbe dunque essere opportuno anticipare la proroga dei contratti in essere, effettuandola prima del 31 ottobre, così da poter ottenere una durata maggiore senza dover apporre le causali al contratto. Tuttavia va ricordato che l’effettuazione di una proroga anticipata del contratto deve sempre essere giustificabile sulla base di ragioni oggettive, per evitare che possa essere contestata una elusione della nuova legge in vigore.

Eccezioni – Il legislatore ha opportunamente sottratto alla nuova disciplina del lavoro a tempo determinato le attività stagionali, i cui contratti possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni giustificative introdotte dal Decreto. Esclusi anche i contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione e dalle start-up innovative.

Fattispecie ancora incerte – Permane dubbia, fino ad un auspicabile intervento di prassi, la possibilità di protrarre la successione di contratti a termine fino alla durata massima di 36 mesi, poiché tale ipotesi non risulta essere esplicitamente inserita dal legislatore in riferimento al periodo transitorio.

Per i contratti stipulati tra l’entrata in vigore del decreto (14 luglio) e l’entrata in vigore della legge di conversione, non avendo previsto alcun periodo transitorio, vale già il decreto dignità con le nuove soglie massime e le causali obbligatorie dopo l’anno.


24 Settembre 2018


Fonte : Fiscal Focus