La legge di conversione del decreto Dignità ha ridotto la durata massima e il numero dei rinnovi possibili e, nel contempo, reintrodotto l’obbligo di prevedere e comprovare una causale di apposizione del termine. Il contratto a termine senza causale può durare al massimo 12 mesi, successivamente per rinnovarlo apponendo una nuova scadenza è necessario che esista e sia dimostrabile una delle motivazioni espressamente indicata dal legislatore.
Il decreto Dignità è entrato in vigore lo scorso 14 luglio, mentre le modifiche allo stesso introdotte con la conversione in legge sono in vigore dal 12 agosto 2018.
Il provvedimento specifica anche che le nuove disposizioni si applicheranno ai contratti di lavoro stipulati dopo l’entrata in vigore del decreto legge ed ai rinnovi e proroghe dei contratti in corso alla stessa data, comunque successivi al 31 ottobre 2018.
Si tratta dunque di un vero e proprio periodo transitorio, che fa slittare a novembre il termine di applicazione delle nuove regole, incluse anche le proroghe e i rinnovi dei contratti stipulati prima dell’entrata in vigore del decreto dignità.
Contratti stipulati entro il 13 luglio 2018 – La riforma non incide in alcun modo sui contratti a tempo determinato in essere alla data del 13 luglio che continuano ad essere disciplinati dalla vecchia normativa. Ciò significa che la scadenza finale massima resta fissata ai 36 mesi o al periodo diverso previsto dalla contrattazione collettiva, che le proroghe restano sempre cinque e che possono essere apposte senza l’inserimento di alcuna condizione. Gli stessi contratti, se scadono entro il 31 ottobre restano soggetti alla disciplina previgente sia nel caso in cui si debba procedere a rinnovi che in caso di proroghe, senza dunque necessità di causali.
Contratti stipulati tra il 14 luglio e l’11 agosto 2018 – La stipula di rapporti a termine in tale periodo ha comportato la piena applicazione delle disposizioni contenute nel D.L. n. 87/2018, fatta eccezione di quelle che sono intervenute, a partire dal 12 agosto, con la legge n. 96/2018.
Da ciò discende che:
- se è si trattato di un primo contratto di durata non superiore a 12 mesi non è stato necessario apporre alcuna causale;
- se si è proceduto ad un rinnovo contrattuale per mansioni riferibili al livello della stessa categoria legale di inquadramento di un precedente rapporto a termine, è stato necessario inserire una causale anche se i due contratti, in sommatoria, non superano la soglia dei 12 mesi;
- se il contratto è stato stipulato in tale periodo e, per una qualsiasi ragione, sia stato prorogato entro tale termine temporale oltre la soglia dei 12 mesi, è stata necessaria l’apposizione di una condizione.
Contratti rinnovati o prorogati tra il 12 agosto ed il 31 ottobre 2018 – La norma transitoria consente di applicare la vecchia normativa ai rinnovi ed alle proroghe di rapporti a termine relativi ai contratti in essere alla data del 14 luglio. Il contratto rinnovato è libero da causali e può giungere fino al termine fissato dalla vecchia normativa a 36 mesi o a quello, anche maggiore, determinato dalla contrattazione collettiva, anche aziendale. Le proroghe utilizzabili nell’arco temporale di 36 mesi sono 5 e non 4.
Contratti post 31 ottobre – Dopo la fine del periodo transitorio le nuove regole si applicheranno a tutti i contratti a termine stipulati dopo il 14 luglio 2018 e alle proroghe e ai rinnovi dei contratti a termine stipulati in precedenza.
Potrebbe dunque essere opportuno, qualora ne ricorrano le condizioni, rinnovare per il periodo massimo consentito (36 mesi complessivi) i contratti a termine stipulati ante termine.