Coronavirus e assenze dal lavoro: ecco come gestirle

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha rilasciato un utile approfondimento sulle assenze dal lavoro a causa del Coronavirus.

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, con un Approfondimento del 24 febbraio 2020, chiarisce alcuni importanti aspetti legati alle assenze di lavoro dovute al Coronavirus. Gestire le assenze dei lavoratori in azienda non è mai un atto semplice per il datore di lavoro, a maggior ragione se l’assenza è determinata da un emergenza legata ad un virus che blocca, direttamente o indirettamente, l’intera produzione.

La repentina diffusione del Coronavirus in Italia sta determinando particolari casistiche nella gestione dei rapporti di lavoro: dall’assenza dal lavoro per quarantena “obbligatoria” o “volontaria, le assenze dovute a provvedimenti della Pubblica Autorità, fino all’assenza per paura del contagio. Come devono regolarsi le aziende in questa situazione di emergenza? Il documento della Fondazione Studi in particolare, ipotizza 5 situazioni che potrebbero realizzarsi nel rapporto di lavoro nei territori interessati dal virus. Ecco i dettagli.

Coronavirus: assenze dal lavoro dettate dalle pubbliche autorità
La prima tipologia di assenza che potrebbe verificarsi è quella dettata dalla pubblica autorità, che impedisce ai lavoratori di uscire di casa. In tal caso, chiaramente, il lavoratore non può recarsi al lavoro perché imposto direttamente da un’autorità pubblica, quindi indipendente dalla volontà dei lavoratori. La retribuzione, in tale fattispecie, è comunque garantita.

In alternativa all’assenza, il datore di lavoro potrebbe disporre l’opportunità per i propri dipendenti – laddove possibile – di poter lavorare da casa in modalità “smart working”. Sul punto, il Ministero del Lavoro ha già fatto sapere che non serve alcun accordo individuale tra le parti per avviare la tale tipologia di lavoro.

Sospensione dell’attività lavorativa per emergenza Coronavirus
Altra casistica riguarda la sospensione delle attività lavorative per le imprese e/o la sospensione dello svolgimento delle attività lavorative per i lavoratori residenti nel comune o nell’area interessata.

Come in precedenza, anche qui vi è l’involontarietà da parte dei lavoratori di non recarsi al lavoro. Pertanto è evidente il permanere del diritto alla retribuzione pur in assenza dello svolgimento della prestazione.

Quarantena obbligatoria per Coronavirus
Qualora il datore di lavoro si trovi ad affrontare la situazione di un proprio dipendente posto in quarantena obbligatoria, in quanto aventi sintomi riconducibili al virus, occorre riferirsi al CCNL applicato. In tali casi, il contratto collettivo riconduce generalmente l’assenza ai casi di ricovero per altre patologie o interventi.

Naturalmente l’assenza del lavoratore deve essere disciplinata secondo le previsioni, di legge e contrattuali, che riguardano l’assenza per malattia; con le conseguenti tutele per la salute e la garanzia del posto di lavoro.

Quarantena volontaria per Coronavirus
E se il lavoratore è assente per quarantena volontaria? Siccome si tratta di un comportamento di oggettiva prudenza l’assenza è considerata alla stregua dell’astensione lavorativa obbligate dal provvedimento amministrativo.

Il lavoratore può cioè decidere di adottare un comportamento di quarantena “volontaria”:

  • a causa delle prescrizioni dell’autorità pubblica;
  • oppure perchè è entrato in contatto con soggetti ricadenti nelle condizioni previste.

Pertanto il “comportamento di oggettiva prudenza” è considerato al pari delle astensioni dalla prestazione lavorativa obbligate dal provvedimento amministrativo.

Assenza dal lavoro per paura di contagio dal Coronavirus
Infine, potrebbe verificarsi il caso di lavoratori che non si recano a lavoro per paura di essere contagiati dal Coronavirus, pur non sussistendo provvedimenti di Pubbliche Autorità che impediscano la libera circolazione.

Ebbene, in tali casi, si tratta di una assenza autodeterminata poiché dettata dal semplice timore di essere contagiati. Sul punto, gli esperti della Fondazione Studi hanno evidenziato che non è possibile riconoscere la giustificazione della decisione e la legittimità del rifiuto della prestazione.

Quindi, dall’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro possono determinarsi provvedimenti disciplinari che possono portare anche all’espulsione del lavoratore dall’azienda.


26 Febbraio 2020


Fonte : Studio Balillo