Le diverse tipologie di contratti di lavoro esistenti comportano per i datori di lavoro l’osservanza di diverse modalità di calcolo al fine di individuare la forza aziendale per l’applicazione di specifiche normative e istituti. Una serie di esempi di calcolo applicati al contratto di apprendistato, al contratto a tempo determinato, a tempo parziale e del lavoro a chiamata o intermittente, possono essere di aiuto per risolvere il problema della definizione dell’organico aziendale.
Contratto di apprendistato
Il contratto di apprendistato è un contratto a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e occupazione dei giovani. Per tale tipologia di contratto vengono riconosciuti una serie di benefici di natura fiscale, contributiva, economici e normativi.
Tra i benefici di natura normativa rientrano anche le modalità di computo.
La norma infatti prevede che i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono, di regola, esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti (art. 47, c. 3 D.Lgs. n. 81/2015).
Il tutto fatte salve eventuali diverse previsioni di norma o di contratto collettivo che prevedano esplicitamente la computabilità di tali tipologie di lavoratori (si veda, ad esempio,
D.Lgs.n. 148/2015 che prevede che gli apprendisti siano lavoratori destinatari degli ammortizzatori sociali e siano anche computabili nell’organico ai fini della determinazione dei limiti dimensionali).
Contratti a tempo determinato
In merito ai criteri di computo dei contratti a termine ai fini dell’applicazione di altre fonti normative o contrattuali che richiedano la determinazione dell’organico aziendale, l’art. 27,
D.Lgs. n. 81/2015 stabilisce che gli stessi siano conteggiati come numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.
In pratica si devono sommare tutti i periodi di lavoro a termine svolti dai lavoratori per il singolo datore di lavoro nell’ultimo biennio e dividere il risultato per 24.
Contratto a tempo parziale
L’elemento caratterizzante del part time è la riduzione dell’orario di lavoro, che viene svolto in misura inferiore rispetto a quello legale (40 ore settimanali) o a quello stabilito dalla contrattazione collettiva. Ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante la quantificazione del computo dei lavoratori dell’azienda, i lavoratori a tempo parziale sono computati in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno (art. 9, D.Lgs. n. 81/2015).
A tal fine, l’arrotondamento opera per le frazioni di orario che eccedono la somma degli orari a tempo parziale corrispondente a unità intere di orario a tempo pieno, salvo diverse previsioni da parte di norme speciali dove, esplicitamente, sia previsto il conto ‘’per teste’’ e non ‘’pro quota’’.
Contratto a chiamata o intermittente
È il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente. Ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dell’organico aziendale, il lavoratore intermittente è computato in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre (art. 18, D.Lgs. n. 81/2015). Il calcolo viene eseguito l’ultimo mese di ciascun semestre, calcolato a partire dalla data di assunzione.
Fonte: WOLTERS KLUWER – Ipsoa Lavoro