Il Dl Rilancio allunga di 3 mesi lo stop ai licenziamenti collettivi ed individuali di tipo economico. Ecco in cosa consiste.
Fino a quando durerà il blocco dei licenziamenti a causa del coronavirus? Il Decreto Cura Italia Dl 18/2020, ricordiamo, ha introdotto una norma in favore dei lavoratori, che prevede il divieto di licenziamento sia per procedure collettive che individuali a causa dell’emergenza Covid-19.
Per evitare che aumentino i licenziamenti durante l’emergenza sanitaria che sta attraversando l’Italia, il governo ha introdotto una sorta di stop ai licenziamenti: i licenziamenti collettivi ai sensi della L. n. 223/1991, nonché i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3, della L. n. 604/1966.
La durata dello stop ai licenziamenti è di 60 giorni, decorrenti dal 17 marzo 2020. Ergo, il divieto vale, al momento in cui scriviamo, fino al 16 maggio 2020. Sono soggetti alla predetta novità tutti i datori di lavoro indipendentemente dal numero dei dipendenti.
Il Decreto Rilancio approvato il 13 maggio e in fase di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ha allungato di ulteriori 3 mesi questo divieto, ovvero fino al 16 agosto. Vediamo subito la novità del Dl Rilancio (ex decreto maggio) e poi passiamo a vedere come funziona il divieto di licenziamento covid-19.
Blocco dei licenziamenti, fino a quando? Ulteriori 3 mesi nel Dl Rilancio
Il decreto-legge rilancio approvato dal Governo il 13 maggio prevede la proroga del blocco dei licenziamenti per ulteriori 3 mesi. Si tratta quindi dell’impossibilità di procedure di licenziamento collettivo e individuale fino al 16 agosto 2020 . Nello stesso periodo restano ancora sospese eventuali procedure iniziate dopo il 23 febbraio 2020.
Sempre stando alla bozza dovrebbe essere aggiunta anche la possibilità per i datori di lavoro di revocare i licenziamenti effettuati tra il 23 febbraio e il 17 marzo per giustificato motivo oggettivo; il datore di lavoro dovrà però richiedere per il dipendente la Cassa Integrazione in deroga, a partire dalla data di efficacia del provvedimento.
Il rapporto di lavoro sarà quindi ripristinato senza alcun onere o sanzione per il datore di lavoro.
Blocco dei licenziamenti collettivi Dl Cura Italia
Nel caso dei licenziamenti collettivi, la preclusione alla apertura della procedura ha effetto:
- sull’art. 4 della L. n. 223/1991 che riguarda le imprese, le quali, al termine del periodo di integrazione salariale straordinaria, non sono in grado di assicurare la ripresa piena dell’attività alle loro maestranze e non sono in grado di ricorrere a misure alternative;
- sull’art. 24 della L. n. 223/1991 che concerne le imprese che, in conseguenza di una riduzione o di una trasformazione di attività, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito del territorio della stessa provincia.
Esempio
Dunque, se ad esempio un datore di lavoro volesse aprire una procedura per cessazione di attività, non potrà farlo ora, ma dovrà attendere lo spirare dei sessanta giorni richiamati dalla norma.
Il provvedimento ha, invece, fatto salve le procedure collettive iniziate prima: conseguentemente, esse possono essere portate a compimento senza alcuna difficoltà.
Blocco dei licenziamenti individuali Dl Cura Italia
Il blocco dei licenziamenti, come precisato in premessa, opera anche in relazione ai licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.
Sono soggetti a tale norma tutti i datori di lavoro a prescindere dal numero dei dipendenti in forza.
La sospensione temporanea dei licenziamenti individuali concerne:
- ragioni inerenti l’attività produttiva;
- ragioni inerenti il regolare funzionamento della stessa.
Non si può quindi licenziare per riduzione di personale per chiusura reparto o per motivi economici, ovvero con motivazioni legate al coronavirus.
Licenziamenti per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo
Pertanto, restano fuori dal blocco – ad esempio – i licenziamenti per giusta causa che non consentono la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto.
Ma non solo: anche i licenziamenti per giustificato motivo soggettivo, ivi compresi quelli di natura disciplinare, oltre ai licenziamenti per raggiungimento del limite massimo di età per la fruizione della pensione di vecchiaia.
Inoltre, sono esclusi i licenziamenti:
- per la fruizione del pensionamento per la “quota 100”;
- dovuti al superamento del periodo di comporto;
- per inidoneità;
- dei lavoratori domestici, in quanto, in tali casi, il recesso è “ad nutum”.
Novità dalla conversione in legge del Dl Cura Italia
La legge di conversione del decreto-legge Cura Italia, Legge n. 27/2020, ha introdotto una specificazione per cui sono esclusi da tale divieto i recessi relativi a personale che subentra in contratti di appalto.