Assunzioni agevolate: come si valuta l’incremento occupazionale

I benefici economici collegati a un incentivo all’occupazione sono riconosciuti normalmente attraverso il conguaglio sul versamento dei contributi previdenziali dovuti. La normativa in vigore prevede una serie di agevolazioni ed incentivi per particolari tipologie di assunzione o in relazione a requisiti soggettivi che devono sussistere in capo al datore di lavoro o al lavoratore.

In linea generale, però, si prevede per legge l’esclusione dai benefici:
– se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva, anche se il lavoratore che ha diritto all’assunzione è utilizzato in somministrazione di lavoro;
– se l’assunzione viola il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da uno a termine, anche quando, prima dell’utilizzo di un lavoratore in somministrazione, l’utilizzatore non ha offerto precedentemente la riassunzione al lavoratore titolare del diritto di precedenza per essere stato licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da uno a termine;
– se il datore di lavoro o l’utilizzatore in somministrazione di lavoro hanno in atto sospensioni dal lavoro connesse a una crisi o riorganizzazione aziendale, ad eccezione delle ipotesi nelle quali assunzione, trasformazione di un rapporto di lavoro sono trasferiti direttamente in capo all’utilizzatore e, se l’incentivo risulta assoggettato al regime “de minimis”, il beneficio è computato in capo all’utilizzatore.

Incremento occupazionale
L’INPS, con la circolare n. 58 del 2023, ha chiarito che l’incremento occupazionale netto deve intendersi come l’aumento netto del numero di dipendenti dello stabilimento rispetto alla media relativa a un periodo di riferimento; i posti di lavoro soppressi in tale periodo devono essere dedotti e il numero di lavoratori occupati a tempo pieno, a tempo parziale o stagionalmente, va calcolato considerando le frazioni di unità di lavoro-anno.
Quando le norme incentivanti richiedano un incremento occupazionale netto della forza lavoro mediamente occupata, il calcolo deve essere effettuato mensilmente, confrontando il numero di lavoratori dipendenti equivalente a tempo pieno del mese di riferimento, con quello medio dei 12 mesi precedenti.
La verifica deve essere effettuata applicando la nozione di “impresa unica”: l’incremento deve essere valutato in relazione all’intera organizzazione del datore di lavoro e non rispetto alla singola unità produttiva presso cui si svolge la prestazione di lavoro.
Ciascun datore di lavoro, quindi, ai fini della verifica dell’incremento occupazionale netto, può beneficiare degli “aumenti” della forza aziendale verificatisi in altre società del gruppo o in ogni caso facenti capo allo stesso soggetto, anche per interposta persona.

Regole di calcolo
Occorre escludere dal computo della base occupazionale media i lavoratori che nel periodo di riferimento hanno abbandonato il posto di lavoro a causa di:
– dimissioni volontarie;
– invalidità sopravvenuta;
– pensionamento per raggiunti limiti d’età;
– riduzione volontaria dell’orario di lavoro;
– licenziamento per giusta causa.
Il calcolo numerico dei dipendenti in forza all’azienda che assume deve essere depurato dai soggetti esclusi per espressa previsione di legge dal calcolo della forza lavoro, come ad esempio:
– gli apprendisti;
– i lavoratori somministrati;
– i lavoratori assunti all’esito di esperienze in prestazioni socialmente utili o di pubblica utilità.
I lavoratori a tempo parziale devono essere considerati pro-quota, mentre i lavoratori intermittenti vanno computati in proporzione all’effettivo orario di lavoro svolto nell’arco di ciascun semestre.

Valutazione dell’incremento occupazionale
Alcune agevolazioni vengono concesse nei limiti dell’applicazione degli artt. 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea con riferimento agli aiuti “de minimis” (Regolamento UE n. 1407/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013).
In questo caso, è previsto che l’agevolazione può essere fruita anche oltre tali limiti, nell’ipotesi in cui l’assunzione comporti un incremento occupazionale netto.
L’incremento occupazionale netto deve intendersi come “l’aumento netto del numero di dipendenti dello stabilimento rispetto alla media relativa a un periodo di riferimento; i posti di lavoro soppressi in tale periodo devono essere dedotti e il numero di lavoratori occupati a tempo pieno, a tempo parziale o stagionalmente, va calcolato considerando le frazioni di unità di lavoro-anno”.
L’impresa deve verificare l’effettiva forza lavoro presente nei 12 mesi successivi l’assunzione agevolata e non una occupazione “stimata”. Pertanto, l’incremento occupazionale dei 12 mesi successivi va verificato tenendo in considerazione l’effettiva forza occupazionale media al termine del periodo dei 12 mesi e non la forza lavoro “stimata” al momento dell’assunzione.
Qualora al termine dell’anno successivo all’assunzione si riscontri un incremento occupazionale netto in termini di U.L.A., le quote mensili di incentivo eventualmente già godute si “consolidano”; in caso contrario, l’incentivo non può essere legittimamente riconosciuto e il datore di lavoro è tenuto alla restituzione delle singole quote di incentivo eventualmente già godute in mancanza del rispetto del requisito richiesto mediante le procedure di regolarizzazione.
Ai fini del legittimo riconoscimento delle agevolazioni, è necessario rispettare la condizione consistente nella realizzazione dell’incremento occupazionale netto calcolato sulla base della differenza tra i lavoratori occupati rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori mediamente occupati nei 12 mesi precedenti.
L’impresa deve dunque verificare l’effettiva forza lavoro presente nei 12 mesi successivi l’assunzione agevolata e non una occupazione “stimata”. Pertanto, l’incremento occupazionale nei 12 mesi successivi va verificato tenendo in considerazione l’effettiva forza occupazionale media al termine del periodo dei 12 mesi e non la forza lavoro “stimata” al momento dell’assunzione.
Per tale motivo, qualora al termine dell’anno successivo all’assunzione si riscontri un incremento occupazionale netto in termini di U.L.A., le quote mensili di incentivo eventualmente già godute si “consolidano”; in caso contrario, l’incentivo non può essere legittimamente riconosciuto e il datore di lavoro è tenuto alla restituzione delle singole quote di incentivo eventualmente già godute in mancanza del rispetto del requisito richiesto mediante le procedure di regolarizzazione.

Fonte: WOLTERS KLUWER – Ipsoa Lavoro


4 Dicembre 2023


Fonte : Studio Balillo