La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha pubblicato la Circolare n. 11 dell’11 giugno 2019, che contiene l’analisi delle forme contrattuali che la legge mette a disposizione del datore di lavoro a fronte dell’esigenza di esternalizzazione il rapporto di lavoro. Appalto, distacco e somministrazione sono le tipologie contrattuali previste: gli elementi distintivi e qualificatori di tali contratti sono oggetto dell’approfondimento proposto dalla Fondazione.
Distacco del lavoratore
Il distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.
L’interesse sotteso al contratto deve essere rilevante e concreto, riconducibile a ragioni produttive ed avere carattere oggettivo e deve perdurare per tutta la durata del distacco. Deve esserci un preciso riferimento ad un’attività lavorativa determinata, che non può consistere in ragioni puramente economiche. La differenza sostanziale tra l’istituto dell’appalto e quello del distacco risiede proprio nel fatto che per l’appalto è necessario che si realizzi il compimento di un’opera o di un servizio da parte dell’appaltatore, con propria organizzazione di mezzi e con assunzione in proprio del rischio. L’appaltatore deve essere necessariamente un imprenditore, il distaccante resta invece un datore di lavoro a cui fa carico la responsabilità del trattamento economico e normativo dei lavoratori comandati. È palese la differenza anche nell’elemento “interesse” che nel distacco è quello del soggetto distaccante mentre, nel caso dell’appalto, è quello del committente alla corretta esecuzione dell’opera o del servizio.
Il reato di somministrazione fraudolenta perdura per l’intero arco temporale della somministrazione e la sua consumazione coincide con la cessazione della condotta. In questo caso è prevista la sanzione penale dell’ammenda pari a 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ogni giornata di somministrazione.
Somministrazione di lavoro
La somministrazione di lavoro è una particolare forma contrattuale con cui un’agenzia di somministrazione mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti che, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore.
L’agenzia somministratrice è il soggetto obbligato a pagare direttamente la retribuzione al lavoratore ed a versare i contributi previdenziali ed assistenziali, sulla base dei dati comunicati dall’utilizzatore.
Il contratto di somministrazione può essere instaurato a tempo determinato o indeterminato. L’appalto, la somministrazione di lavoro e il distacco rappresentano le uniche tre ipotesi, espressamente previste dal nostro ordinamento positivo, nelle quali si verifica una dissociazione fra datore di lavoro ed il soggetto utilizzatore/fruitore della prestazione lavorativa.
Il reato di caporalato
Il nuovo testo normativo prevede che è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
- recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
- utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Il nuovo reato pone una distinzione: da un lato la condotta di mediazione illecita tra domanda e offerta di lavoro, dall’altro lato quella di sfruttamento del lavoro stesso, da parte sia di colui che recluta manodopera (intermediario), che di chi utilizza, assume o impiega manodopera.
Ciò significa che il lavoratore deve trovarsi in una “posizione di vulnerabilità” e presuppone una situazione in cui la persona in questione non ha altra scelta effettiva ed accettabile se non cedere all’abuso di cui è vittima.
Il concetto di sfruttamento va ricondotto a qualsiasi comportamento, anche se posto in essere senza violenza o minaccia, che inibisca o limiti la libertà di autodeterminazione della vittima senza che si renda necessario realizzare quello stato di totale e continuativa soggezione che caratterizza il delitto di riduzione in schiavitù.