Sanzioni più pesanti che possono arrivare fino all’arresto per chi viola le nuove disposizioni, previste dal decreto PNRR, per il contrasto del lavoro irregolare negli appalti e subappalti di opere e di servizi. Il D.L. n. 19 del 2024 ha reintrodotto il reato di somministrazione illecita di manodopera, che punisce il somministratore e l’utilizzatore con la pena dell’arresto fino a un mese o l’ammenda di euro 60 per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione. L’apparato sanzionatorio in tema di esternalizzazioni illecite e fraudolente prevede, inoltre, delle circostanze aggravanti e dei limiti entro i quali determinare le sanzioni che vanno applicate.
Ripristino delle sanzioni penali in caso di esternalizzazioni illecite e inasprimento delle pene. Sono queste alcune delle novità contenute nell’art. 29 del D.L. n. 19/2024 recante “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”.
Appalto genuino
Ai sensi dell’art. 1655 del Codice civile “l’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”.
Per distinguere l’appalto lecito da quello illecito questa definizione va coordinata con la disciplina contenuta nell’art. 29, co. 1, del D.Lgs. n. 276/2003 in virtù della quale “il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa.”
Dal raffronto delle due norme si evince, quindi, come i criteri che contraddistinguono e legittimano il c.d. appalto genuino sono:
1) l’organizzazione di mezzi, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto;
2) l’esercizio, da parte dell’appaltatore, del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto;
3) l’assunzione, da parte dell’appaltatore, del rischio d’impresa.
Conseguenze previste in caso di appalto e distacco illecito
Sotto il fronte della punibilità degli illeciti va registrato, nel recente passato, un atteggiamento piuttosto ambiguo da parte del Legislatore. Difatti, l’abrogazione della somministrazione fraudolenta (art. 28, D.Lgs. n. 276/2003, abrogato dallart. 55 del D.Lgs. n. 81/2015), la depenalizzazione di gran parte delle condotte interpositorie criminose previste dalla Legge Biagi ad opera dell’art. 1, co. 1, e 6, D.Lgs. n. 8/2016 (con conseguente derubricazione ad illecito amministrativo delle violazioni) e la previsione di un tetto massimo della relativa sanzione amministrativa ha fatalmente provocato un incremento delle condotte illecite.
Resosi probabilmente conto del preoccupante dilagare di questo fenomeno ed allo scopo di rafforzare l’attività di contrasto, col recente D.L. n. 19/2024 il Legislatore ha parzialmente invertito la rotta reintroducendo anche il reato di somministrazione illecita di manodopera.
In assenza degli elementi sostanziali e formali dell’appalto, dunque, si configura un’ipotesi di somministrazione abusiva a carico dello pseudo appaltatore, ed una conseguente utilizzazione illecita a carico dello pseudo committente.
Sotto il profilo civilistico il lavoratore interessato può richiedere, mediante ricorso giudiziale ex art. 414 c.p.c., la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dello pseudo committente.
Per l’appalto “non genuino”, inoltre, dal 2 marzo 2024 è previsto l’arresto fino a un mese o l’ammenda di 60 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro a carico tanto dell’utilizzatore quanto dello pseudo appaltatore.
Si fa presente che alle medesime conseguenze sanzionatorie va incontro anche chi trasgredisce le norme sul distacco di personale (art. 30, D.Lgs. n. 276/2003).
In pratica, dunque, a prescindere dallo schema giuridico formalmente adottato, si concretizza il reato di somministrazione illecita tutte le volte che viene effettuata una mera fornitura di manodopera da parte di soggetti non preventivamente autorizzati dal Ministero del lavoro.
Somministrazione fraudolenta
L’art. 29, co. 4, del D.L. n. 19/2024, nell’abrogare l’art. 38-bis del D.Lgs. n. 81/2015, ha modificato le conseguenze sanzionatorie della c.d. “somministrazione fraudolenta“ e ha riportato la fattispecie all’interno della sede originaria rappresentata dal Decreto Biagi.
In pratica, per effetto di questa modifica, all’art. 18 del D.Lgs. 276/2003 è stato aggiunto il comma 5-ter secondo cui “Quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda di euro 100 per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione”.
Per mezzo della circolare n. 3/2019 l’INL ha già in passato avuto modo di fornire, al proprio personale ispettivo, alcune rilevanti indicazioni operative (che si ritengono tutt’ora valide) in merito a questo reato. In particolare, l’Agenzia ha puntualizzato che:
– vi sono degli elementi sintomatici del reato in questione che, una volta accertati, sono idonei a dimostrare la condotta fraudolenta. Difatti, il ricorso all’appalto illecito costituisce, di per sé, elemento sintomatico di una finalità fraudolenta, che il Legislatore ha inteso individuare nell’elusione di “norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore”. Fra queste norme, ad esempio, possono esservi quelle che stabiliscono la determinazione degli imponibili contributivi (art. 1, co. 1, D.L. 338/1989), o quelle che introducono divieti alla somministrazione di lavoro (art. 32, D.Lgs. n. 81/2015), ovvero che prevedono determinati requisiti per la stipula del contratto (art. 32, D.Lgs. n. 81/2015) o, ancora, specifici limiti alla somministrazione (artt. 31 e 33,
D.Lgs. n. 81/2015). Nell’ambito di un appalto “il conseguimento di effettivi risparmi sul costo del lavoro derivanti dalla applicazione del trattamento retributivo previsto dal CCNL dall’appaltatore e dal connesso minore imponibile contributivo, così come una accertata elusione dei divieti posti dalle disposizioni in materia di somministrazione, risulta sicuramente sufficiente a dimostrare quell’idoneità dell’azione antigiuridica che disvela l’intento fraudolento”. La presenza di tali circostanze dovrà comunque essere supportata con l’acquisizione, da parte del personale ispettivo, di idonei elementi istruttori che si possono desumere anche dalla consultazione delle banche dati degli istituti previdenziali (verifica della correntezza contributiva) o dello stesso Ispettorato (es. pregresso ricorso al lavoro nero);
– oltre che per mezzo dello schema negoziale dell’appalto, il reato di somministrazione fraudolenta può concretizzarsi anche per mezzo della somministrazione effettuata da parte di agenzie autorizzate (art. 4 D.Lgs. n. 276/2003 e artt. 31, co.1 e 2, 32 e 33, co.1, lett.a), b), c) e d), del D.Lgs. 81/2015), tramite pseudo distacchi (art. 30, D.Lgs. n. 276/2003) o per mezzo di distacchi transnazionali illeciti (art. 3, D.Lgs. n. 136/2016);
Soglie previste per le sanzioni
Il nuovo comma 5-quinqies dell’art. 18, D.Lgs. n. 276/2003 prevede dei limiti entro i quali determinare le sanzioni. In particolare, l’importo di tutte le sanzioni contemplate in quell’articolo non possa comunque essere inferiore a 5.000 euro, né superiore a 50.000 euro.
Al riguardo va evidenziato come, il congelamento della soglia massima di 50 mila euro già prevista in passato per la sanzione amministrativa depenalizzata ex D.Lgs. n. 8/2016, ineluttabilmente ridurrà in maniera sensibile l’effetto deterrente prodotto dalla condivisibile reintroduzione dei reati.
Difatti, ipotizzando che i contravventori adempiano al provvedimento di prescrizione obbligatoria impartita (v. paragrafo successivo), nella peggiore delle ipotesi potranno estinguere la violazione penale col pagamento della somma di 12.500 euro (un quarto della soglia massima di 50 mila euro).
Peraltro, come pure da altro commentatore già sottolineato, la previsione di un tetto massimo di queste sanzioni sembrerebbe porsi anche in contrasto coi principi generali contenuti nell’art. 27 C.p. secondo cui “Le pene pecuniarie proporzionali non hanno limite massimo”.
Si precisa, infine, che in presenza di appalto illecito che coinvolga più soggetti (es. committente e più imprese appaltatrici), il limite di 50 mila euro trova applicazione in riferimento a ciascun appalto (cfr. MLPS nota n. 15764 del 09/08/2016).
Fonte: WOLTERS KLUWER – Ipsoa Lavoro