Non c’è pace per il lavoro a tempo determinato. Dopo l’approvazione avvenuta il 2 luglio da parte del Consiglio dei ministri, le regole sui contratti a termine cambiano ancora: rispetto alla bozza diffusa prima del definitivo via libera, si riduce il limite massimo di durata del rapporto a tempo determinato, che passa da 36 a 24 mesi compresi proroghe e rinnovi. Il contrasto al precariato passa anche per un ritorno alle causali del contratto, con l’eccezione dei contratti di breve durata e per un aggravio degli oneri contributivi a carico del datore di lavoro.
Le nuove regole entreranno in vigore soltanto dopo la pubblicazione in GU del decreto ma si applicheranno, oltre che ai nuovi contratti, anche ai rinnovi di quelli già in corso stipulati a norma del Jobs Act.
Rapporti a termine con causale obbligatoria – Il decreto dignità modifica la disciplina del Jobs Act limitando notevolmente la flessibilità dei rapporti di lavoro a termine e la durata massima degli stessi. Innanzitutto, ritorna ad essere obbligatoria l’apposizione di una causale che giustifichi l’apposizione del termine ai contratti di lavoro subordinato.
E non si tratta più delle classiche ragioni produttive, economiche o organizzative in vigore prima del Jobs Act, ma di esigenze di carattere straordinario quali:
- situazioni temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro, o per esigenze sostitutive;
- incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria;
- svolgimento di attività stagionali o necessità di fronteggiare picchi di attività.
Tali ragioni devono essere esplicate per ciascuna proroga.
N.B. L’acausalità rimane legittima soltanto in caso di stipula di un primo contratto di durata non superiore a 12 mesi e in caso di proroghe che intervengano nel medesimo arco temporale.
L’apposizione del termine deve risultare da atto scritto, ovvero indicando la stessa nel contratto di lavoro che deve essere obbligatoriamente consegnato al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall’inizio della prestazione. A questo obbligo fanno eccezione unicamente i contratti di durata non superiore a dodici giorni.
Rapporti a termine più brevi – Il decreto riduce portandolo da 5 a 4 anche il numero massimo di proroghe del contratto a tempo determinato. Ma ciò che più incide sull’organizzazione della forza lavoro da parte dei datori di lavoro è la definitiva riduzione della durata massima del rapporto a termine che, compresi rinnovi e proroghe, non può superare i 24 mesi. Il precedente limite, infatti, era posto a 36 mesi di durata.
Rapporti a termine più costosi – Con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l’aliquota contributiva di finanziamento della Naspi, ad oggi pari all’1,40%, è aumentata dello 0,5% in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato anche in somministrazione. L’intero contributo addizionale versato nel corso del rapporto a termine può essere restituito al datore di lavoro, con conguaglio in UniEmens, in caso di conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.