Il lavoratore che maneggia denaro: l’indennità di cassa

Se al lavoro si effettuano o si ricevono  pagamenti bisogna essere retribuiti appositamente con una indennità specifica.

Quando il lavoratore maneggia danaro per conto del datore di lavoro ha diritto ad una indennità che gli retribuisca il rischio che così assume. Questa indennità, infatti, compensa il lavoratore del rischio di errori contabili che può commettere svolgendo le sue mansioni. In sostanza, a fronte del pericolo di dover rispondere di sbagli nella gestione del danaro, al lavoratore viene riconosciuta una somma aggiuntiva rispetto alla paga base.

Quando spetta
L’indennità di cassa spetta in tutti i casi in cui il lavoratore in modo continuo e non occasionale maneggi danaro sul luogo di lavoro.

Così, l’indennità spetta quando si ricevono pagamenti per conto del datore di lavoro: è il caso tipico del cassiere del punto vendita o del supermercato.

L’indennità spetta anche quando i pagamenti si effettuano per conto della ditta datrice: si pensi, ad esempio, all’addetto contabile dell’azienda che paga i fornitori utilizzando la cassa o le credenziali bancarie fornite dal datore.

Ancora, l’indennità spetta anche al lavoratore che custodisce del danaro per conto del datore o che si occupa del cambio di moneta nelle transazioni internazionali.

Il lavoratore ha diritto a percepire questa indennità solo se effettivamente maneggia danaro e per il periodo in cui lo maneggia: in caso di assenza dal lavoro, ad esempio per malattia, l’indennità spetterà a chi lo sostituisce.

Quanto spetta
Dobbiamo dire che l’indennità di cassa è stabilita dai singoli contratti collettivi, i quali:

– individuano volta per volta gli esatti presupposti cui si collega l’attribuzione di questa indennità;

– stabiliscono la misura dell’indennità stessa, generalmente calcolandola in proporzione alla paga base (ad esempio il contratto collettivo per commercio ed il terziario prevede una indennità di cassa pari al 5% della paga base nazionale).

In alcuni contratti collettivi l’indennità di cassa è invece stabilita in misura fissa.

Il datore di lavoro può riconoscere al lavoratore un’indennità anche superiore a quella stabilita nel contratto collettivo, mentre è vietato stabilire un’indennità inferiore.

L’ammanco di cassa
Se il lavoratore che maneggia danaro sottrae al datore una parte dei soldi della cassa è possibile licenziarlo, ma solo a date condizioni. Innanzitutto, non basta per il licenziamento un episodio singolo o non grave: infatti, proprio per la difficoltà della mansione, piccoli ammanchi di cassa sono considerati normali dalla giurisprudenza la quale in questi casi non ritiene proporzionato il licenziamento rispetto alla condotta del lavoratore.

Infatti, anche al licenziamento disciplinare per ammanco di cassa si applica il principio per cui la condotta del lavoratore deve essere così grave da non consentire la prosecuzione del rapporto: quindi il giudice deve analizzare la vicenda valutando tutti gli aspetti (fra cui: i precedenti disciplinari del lavoratore, le circostanze in cui l’illecito è avvenuto, eventuali gravi difficoltà familiari o economiche del lavoratore, il suo dolo o la sua colpa nel causare l’ammanco, le probabilità che il lavoratore tenga di nuovo la condotta contestatagli).

In caso di ammanco di cassa è bene che il datore di lavoro contesti al lavoratore la circostanza con una raccomandata con ricevuta di ritorno, sollecitandolo a fornire all’azienda le proprie difese per iscritto.


12 Gennaio 2018