La Corte di Cassazione, con Sentenza n.22295 del 25/09/2017, rafforza il principio dell’obbligatorietà, da parte del dipendente, di comunicare le variazioni dell’indirizzo di domicilio o residenza nei confronti dell’azienda, in mancanza della quale evidenzia la violazione del principio di correttezza e buona fede su cui si fonda il rapporto di lavoro.
La Suprema Corte è stata chiamata a decidere sulla vicenda di una dipendente a cui veniva inviata raccomandata contenente comunicazione di licenziamento all’indirizzo comunicato all’azienda all’atto dell’assunzione, che successivamente veniva modificato senza dare comunicazione dell’avvenuta variazione dello stesso.
A questa prima missiva l’azienda inoltrava una seconda raccomandata con il medesimo contenuto all’indirizzo corretto.
La Corte di Appello dichiarava il primo licenziamento, inviato all’indirizzo errato, inefficace, osservando che il dipendente, attraverso la presentazione in azienda del modulo per la scelta della destinazione del trattamento di fine rapporto, aveva ottemperato alla comunicazione della variazione di indirizzo.
I giudici della Corte di Appello di Napoli dichiaravano inefficace anche la seconda comunicazione di licenziamento per il mancato rispetto del termine indicato dall’art. 23 del CCNL Industria Metalmeccanica, applicato al rapporto di lavoro in questione, che individua il limite della comunicazione del provvedimento disciplinare entro “ 6 giorni successivi alle giustificazioni del lavoratore”.
La Suprema Corte osserva che il lavoratore, secondo quanto prescritto dall’art 3 del CCNL applicato al rapporto in questione, ha l’obbligo di comunicare per iscritto le eventuali successive variazioni di residenza o di domicilio, obbligo che risponde ad un principio di buona fede nel rapporto di lavoro per rendere tempestivamente a conoscenza il datore dell’indirizzo dove reperire il dipendente.
Questo obbligo negoziale della comunicazione del cambio di domicilio non può ritenersi soddisfatto attraverso la presentazione in azienda del modulo di destinazione del trattamento di fine rapporto che non corrisponde a tale adempimento. La presentazione del modulo viene compita per fini totalmente diversi da quelli dettati dall’art. 3, riguardanti esclusivamente il “mantenimento del tfr”, e l’indirizzo indicato nel modello del tfr risponde solamente ai fini “compilativi” dello stesso.
Per la Suprema Corte il primo licenziamento risulta essere pienamente efficace, in quanto effettuato entro termini, operando per lo stesso nei confronti del dipendente la presunzione di conoscenza ex art.1335 c.c.
La decisione è utile per quei casi in cui la mancata comunicazione da parte del dipendente delle variazioni di indirizzo nei confronti dell’azienda possa configurarsi come un inadempimento degli obblighi contrattuali, e che tale atteggiamento sia volto a minare volontariamente l’efficacia delle comunicazioni, come in questo caso, riguardante i procedimenti disciplinari.