Con sentenza n. 25147/2017, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la piena legittimità di un licenziamento adottato nei confronti di un dipendente che aveva copiato, sulla pen drive personale, dati aziendali, peraltro non protetti da password, pur se gli stessi non erano stati ceduti a soggetti terzi.
La Suprema Corte, considerando anche la previsione dell’art. 52 del CCNL del settore chimico applicato in azienda, ha ritenuto che nel caso di specie ricorresse una infrazione connotata da mancata diligenza sul lavoro. Infatti il predetto articolo, la cui violazione consente il recesso, contempla tra le ipotesi il furto, il danneggiamento volontario di beni dell’impresa ed il trafugamento di disegni, utensili e schede di proprietà aziendale.
La semplice copiatura di dati rientra, secondo la Corte, tra tali ipotesi e non in un altro passaggio del CCNL ove è prevista una sanzione disciplinare conservativa in caso di utilizzo improprio di strumenti di lavoro aziendali.
Nel comportamento del lavoratore i giudici di Piazza Cavour hanno ravvisato una condotta consapevole finalizzata a sottrarre dati aziendali: in tale ottica appare irrilevante la circostanza che i dati non avessero alcuna protezione informatica. La mancanza di una password non autorizza il lavoratore ad avvalersene per finalità proprie, facendo uscire i dati dall’ambito della sfera di controllo del proprio datore.