Sanzioni per mancato rispetto dell’orario di lavoro: quali sanz

Il mancato rispetto della disciplina dell’orario di lavoro, da parte del datore di lavoro, può portare all’irrogazione di sanzioni. Ad esempio, nel caso di inosservanze delle disposizioni sulla durata media dell’orario di lavoro, viene prevista, nella generalità dei casi, la comminazione di una sanzione amministrativa da 249 a 1.800 euro. Diverso è, invece, il caso delle ferie non godute poiché il mancato rispetto della normativa determina, oltre alla comminazione di una sanzione amministrativa, anche il pagamento anticipato della contribuzione.

La disciplina dell’orario di lavoro, è delegata nell’ordinamento italiano al D.Lgs. n. 66 del 2003. Parimenti risulta rilevante, ai fini della materia, il ruolo centrale assunto della contrattazione collettiva sul tema. Infatti, se il D.Lgs. n. 66 del 2003 ne fornisce il contesto normativo, regolamentando in maniera uniforme la generalità dei rapporti di lavoro subordinati, è lo stesso testo di legge a delegare di frequenta una disciplina più di dettaglio alla contrattazione collettiva.

Non di rado, si pensi per esempio alla materia del lavoro straordinario (art. 5 D.Lgs. n. 66 del 2003) o alla disciplina delle “pause” (art. 8 D.Lgs. n. 66 del 2003), alla contrattazione collettiva viene demandata non la determinazione di limiti differenti (orario di lavoro) quanto più la definizione delle “modalità” specifiche di esecuzione delle prestazioni oltre l’orario di lavoro, nel primo caso, e di fruizione e durata delle pause, nel secondo caso.

In generale, le conseguenze relative agli inadempimenti datoriali inerenti tale materia, possono così essere sintetizzate:
– comminazioni di sanzioni di tipo amministrativo;
– risvolti di tipo civilistico sul rapporto di lavoro.
Per quanto attiene all’insorgenza di sanzioni amministrative, l’inosservanza delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 66 del 2003, può determinare conseguenze riparametrate sulla base:
– del numero dei lavoratori coinvolti nell’infrazione (tendenzialmente, se superiore a cinque, la sanzione è da ritenersi incrementata);
– il numero di “periodi di riferimento” nel quale si manifesta l’infrazione.

Per maggiore chiarezza, si riportano di seguito alcuni esempi.
Nel caso di inosservanze delle disposizioni sulla durata media dell’orario di lavoro, viene prevista, nella generalità dei casi, la comminazione di una sanzione amministrativa da 249 a 1.800 euro. Tale somma è da ritenersi maggiorata da 960 a 3.600 euro se l’infrazione si riferisce a più di cinque lavoratori oppure se si verifica in almeno tre periodi di riferimento (quattro, sei o dodici mesi). La sanzione comminata verrà poi ulteriormente aumentata, e dunque compresa tra 2.400 e 12.000 euro, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori o se si è verificata in almeno cinque periodi di riferimento.
In materia di lavoro straordinario, invece, la sanzione amministrativa potrà essere comminata laddove il datore di lavoro non rispetti le condizioni di ammissibilità del lavoro straordinario (ad esempio, limite di durata superiore a 250 ore annue) oppure laddove non adempia all’obbligo di compensare il lavoro straordinario con le maggiorazioni retributive e/o con i riposi. In entrambi i casi la sanzione amministrativa ammonterà tra i 25 euro e i 154 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori o si è verificata nel corso dell’anno solare per più di cinquanta giornate lavorative, la sanzione verrà innalzata da 154 euro a 1.032 euro.
Si sottolinea altresì come il mancato rispetto del limite quantitativo fissato in 250 ore di lavoro straordinario, rischi di comportare, a cascata, il mancato rispetto dell’orario massimo di lavoro settimanale fissato in 48 ore. Infatti, se l’ art. 3 del D.Lgs. n. 66 del 2003, individua la normale durata dell’orario in 40 ore settimanali, l’art. 4 dispone che “la durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario”.
Diverso è invece il caso delle ferie non godute poiché il mancato rispetto delle previsioni di cui all’ art. 10 del D.Lgs. n. 66 del 2003 determina, oltre alla comminazione di una sanzione amministrativa (parametrata sulla base dei criteri sopra enunciati), anche il pagamento anticipato della contribuzione (del datore di lavoro e del collaboratore) calcolata sul monte ferie “scaduto”. In proposito, infatti, l’art. 10 dispone che il periodo di quattro settimane di ferie maturate dal lavoratore debba essere goduto “per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione”. Sul punto, sebbene l’obbligo contributivo anticipato non sia tutelato da un testo di legge, sono intervenute le circolari INPS n. 134 del 1998 e n. 186 del 1999 che fissano al 30 giugno di ciascun anno il limite massimo entro il quale le ferie maturate nei 18 mesi precedenti dovranno essere necessariamente fruite, pena il pagamento della contribuzione anticipata.

Fonte: WOLTERS KLUWER – Ipsoa Lavoro


29 Settembre 2023


Fonte : Studio Balillo