Tra le varie misure di prevenzione che il datore di lavoro deve adottare a tutela della sicurezza dei propri dipendenti vi è la cosiddetta sorveglianza sanitaria. Si tratta di una visita medica rivolta a verificare lo stato di salute dei lavoratori in relazione all’ambiente, all’attività di lavoro e ai relativi fattori di rischio. Ma si può rifiutare la visita medica di sorveglianza sanitaria? Cosa rischia il dipendente che non accetta di sottoporsi al controllo, magari per paura di essere licenziato perché non più compatibile con la mansione? La questione è stata più volte sottoposta all’attenzione della Cassazione. Ecco cosa ha detto, a riguardo, la Suprema Corte [1].
Obbligo di sorveglianza sanitaria
L’obbligo di sorveglianza sanitaria scatta solo per alcuni lavoratori. In particolare, si tratta di quelli esposti a:
- agenti fisici quali rumore, ultrasuoni, infrasuoni, vibrazioni meccaniche, campi elettromagnetici, radiazioni ottiche di origine artificiale, radiazioni ionizzanti, microclima e atmosfere iperbariche;
- agenti biologici;
- agenti chimici pericolosi per la salute;
- amianto.
Inoltre, la sorveglianza sanitaria è prevista per gli addetti a:
- videoterminali;
- lavoro notturno;
- movimentazione manuale dei carichi;
- apparecchi di sollevamento e alla guida di macchine per movimentazione terra e merci.
Le visite mediche possono essere finalizzate alla verifica di condizioni di dipendenza dall’alcol e di assunzione di droghe (sostanze psicotrope e stupefacenti).
Chi può fare la sorveglianza sanitaria?
La visita medica è a spese del datore di lavoro. A tal fine, egli deve nominare un medico competente, che può avvalersi della collaborazione di medici specialisti da lui scelti in accordo con il datore di lavoro.
Il medico competente può svolgere la sorveglianza sanitaria in qualità di dipendente o collaboratore di una struttura esterna convenzionata con l’imprenditore, libero professionista, oppure dipendente del datore di lavoro.
Il medico addetto alla sorveglianza sanitaria deve possedere uno dei seguenti titoli o requisiti:
- specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica;
- docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del lavoro;
- autorizzazione dell’Assessorato regionale alla Sanità successiva allo svolgimento dell’attività di medico del lavoro per almeno 4 anni.
I medici in possesso dei titoli e dei requisiti precedentemente indicati sono iscritti nell’elenco dei medici competenti, istituito presso il ministero del Lavoro.
In cosa consiste la sorveglianza sanitaria?
La sorveglianza sanitaria consiste in una serie di visite mediche, eventualmente comprensive di esami clinici, biologici e altre indagini diagnostiche, volte a verificare lo stato di salute dei lavoratori e l’idoneità alla mansione specifica cui sono adibiti.
La visita medica può essere eseguita:
- prima dell’assunzione (in tal caso, non è obbligatoria ma a discrezione del datore di lavoro);
- in via preventiva, per valutare l’idoneità alla mansione specifica cui è destinato il lavoratore;
- periodicamente, per controllare lo stato di salute e confermare l’idoneità alla mansione specifica;
- su richiesta del lavoratore;
- in occasione del cambio di mansione;
- in caso di assenza per motivi di salute per oltre 60 giorni continuativi, al momento della ripresa delle attività, onde verificare nuovamente l’idoneità alla mansione;
- alla cessazione del rapporto di lavoro se si tratta di lavoratori esposti ad agenti chimici pericolosi per la salute o iscritti anche una sola volta nel registro di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni.
Quando non si può fare la sorveglianza sanitaria?
In alcuni casi, si può rifiutare la visita medica di sorveglianza sanitaria. In particolare, le visite mediche non possono essere effettuate per accertare:
- l’eventuale stato di gravidanza della donna lavoratrice;
- l’idoneità o l’infermità per malattia o infortunio di tutti i lavoratori: tali accertamenti possono essere compiuti solo attraverso strutture pubbliche o Istituti specializzati di diritto pubblico.
I controlli sanitari devono essere strutturati tenendo conto degli orari di lavoro e della reperibilità dei lavoratori. Pertanto, un dipendente può rifiutare la visita sanitaria disposta in altre occasioni, ad esempio durante le feste, i giorni di riposo, le ferie, il weekend o comunque fuori dall’orario di lavoro.
Se, per giustificate esigenze lavorative, il controllo sanitario avviene al di fuori dell’orario di lavoro, il lavoratore deve essere considerato in servizio a tutti gli effetti nel periodo impiegato per la visita, ragion per cui deve essere regolarmente pagato secondo il normale trattamento retributivo previsto dal suo contratto collettivo.
Un altro caso in cui il lavoratore può rifiutare la visita medica è quando questa comporti degli oneri economici a suo carico (come ad esempio le spese di trasferta).
Esito negativo della visita medica
Se il risultato della visita medica manifesta un’inidoneità alla mansione specifica il datore di lavoro adibisce, se possibile, il dipendente a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori, garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Diversamente, può licenziarlo per giustificato motivo oggettivo.
Se invece l’inidoneità alle mansioni è solo temporanea, il datore di lavoro può legittimamente sospendere il dipendente dal lavoro e dalla retribuzione fino al termine dell’inabilità se è impossibile collocarlo in altre mansioni all’interno dell’organizzazione aziendale.
Ricorso contro la visita medica di sorveglianza sanitaria
Contro i giudizi del medico competente è ammesso ricorso, entro 30 giorni dalla data di comunicazione del giudizio, all’organo di vigilanza territorialmente competente che dispone la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
Cosa rischia il lavoratore che rifiuta di sottoporsi alla sorveglianza sanitaria?
Al di fuori dei casi, sopra elencati, in cui è legittimo il rifiuto di sottoporsi alla sorveglianza sanitaria, nelle altre ipotesi il dipendente può subire il licenziamento per giusta causa.
Così, di recente, la Cassazione [1] ha ritenuto legittima la risoluzione del rapporto di lavoro nei confronti di una lavoratrice che si era rifiutata per ben due volte di sottoporsi alla visita medica disposta nell’ambito della sorveglianza sanitaria in occasione del cambio di mansioni, per paura di essere, all’esito della stessa, eventualmente demansionata o anche licenziata per inidoneità fisica. La condotta in questione, infatti, è stata ritenuta del tutto ingiustificabile posto che l’impresa si era limitata ad applicare le norme di legge a tutela delle condizioni fisiche dei lavoratori nell’espletamento delle mansioni (norme che impongono la visita medica in caso di cambio mansioni) e che la dipendente avrebbe comunque potuto impugnare un eventuale esito della visita, qualora non condiviso.
La Cassazione ha confermato innanzitutto che sussistevano obblighi di legge per la sottoposizione a visita della lavoratrice, sia perché la visita è prevista in caso di cambio mansione, sia perché la legge prevede un obbligo generale di visita a cadenza annuale di cui ricorrevano i presupposti (la lavoratrice era da poco rientrata da un lungo periodo di cassa integrazione). Inoltre, la Cassazione ha rilevato che il rifiuto della lavoratrice non fosse legittimo in quanto il datore di lavoro si era appunto limitato ad adempiere un obbligo di legge (tale che se non lo avesse fatto sarebbe stato passibile di sanzione per omissione colposa o dolosa) e la lavoratrice avrebbe sempre potuto impugnare tanto l’esito della visita quanto l’eventuale successivo provvedimento del datore di lavoro.
note
[1] Cas. sez. lav. sent. 6 settembre 2022, n. 26199.