Chi redige le norme di comportamento sul posto di lavoro e le sanzioni da applicare in caso di violazione delle regole.
Il potere direttivo consente al datore di lavoro di stabilire le regole di comportamento da osservare in azienda per garantire lo svolgimento dell’attività nel modo più efficiente e ordinato possibile. Regole che, se trasgredite dai dipendenti o dai dirigenti, possono comportare delle sanzioni più o meno pesanti a seconda dell’inadempimento riscontrato. Norme e sanzioni sono raccolte nel codice disciplinare che va a integrare quanto previsto dalla contrattazione collettiva e dal Codice civile in materia di obblighi di obbedienza, diligenza e fedeltà imposti ai lavoratori. Quindi, che cos’è il codice disciplinare in azienda? Chi lo redige e com’è strutturato?
C’è da dire che le violazioni al codice disciplinare possono riguardare delle norme non necessariamente legate allo svolgimento dell’attività lavorativa in quanto tale ma anche quelle comportamentali necessarie al rispetto dei princìpi di correttezza e di buona fede alla base del contratto di lavoro. Si pensi a chi passa delle informazioni alla concorrenza, di chi presenta un certificato medico e se ne va al mare, di chi tiene un atteggiamento aggressivo nei confronti dei colleghi o dei superiori, ecc. Vediamo una sintesi di che cos’è il codice disciplinare in azienda.
Codice disciplinare: che cos’è?
Come anticipato, il codice disciplinare in azienda è l’insieme delle norme di comportamento previste dalla contrattazione nazionale collettiva o aziendale o stabilite dal datore di lavoro in modo unilaterale. Il codice contiene, pertanto, l’elenco delle infrazioni, le procedure di contestazione delle violazioni e le relative sanzioni disciplinari.
Tali sanzioni, individuate dai Ccnl, sono, dalla più lieve alla più grave, le seguenti:
- il rimprovero verbale, ipotesi più lieve che non necessita del rispetto della procedura di irrogazione e della cui applicazione non rimane alcuna traccia;
- l’ammonizione (o biasimo) scritta;
- la multa;
- la sospensione;
- il trasferimento.
A queste sanzioni, in casi estremi, va aggiunto il licenziamento.
Il contenuto del codice disciplinare deve essere essenziale, con le previsioni legislative in materia e gli articoli del contratto collettivo di lavoro applicabile relativi alle violazioni e sanzioni disciplinari.
Il codice deve descrivere chiaramente (anche in modo schematico) i comportamenti che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari, sia pure in maniera ampia e suscettibile di adattamento alle concrete inadempienze. Se il codice disciplinare è generico o non esplicita chiaramente le infrazioni e le sanzioni correlate, i provvedimenti disciplinari irrogati ai dipendenti sono nulli.
Codice disciplinare: dove deve essere affisso?
Per legge, il codice disciplinare deve essere portato a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo raggiungibile da tutti. L’accesso al luogo di affissione deve essere libero e comodo, non difficoltoso, ma non sussiste l’obbligo di affissione in locali in cui i dipendenti devono passare necessariamente, né nelle bacheche aziendali, che possono mancare o essere destinate ad altre comunicazioni.
Alcuni giudici ritengono sia possibile affiggere sia le norme disciplinari come tali, sia il contratto che le contiene. Altre pronunce ritengono più opportuna l’affissione della specifica normativa disciplinare, non potendosi considerare forma esaustiva di pubblicazione l’affissione dell’intero contratto collettivo, che non rende palesi, leggibili ed immediatamente identificabili gli illeciti sanzionati.
La giurisprudenza boccia l’ipotesi di affissione con altri mezzi di comunicazione come ad esempio:
- le forme di comunicazione destinate a lavoratori singolarmente considerati;
- le affissioni effettuate altrove, come quella operata da un’azienda municipalizzata nell’albo pretorio del Comune;
- l’avviso in bacheca indicante la possibilità di consultare il contratto collettivo o il codice disciplinare, custoditi in un determinato ufficio o cassetto insieme ad altre carte;
- l’affissione in un locale accessibile soltanto per specifiche esigenze e dotato di un ingresso disagevole.
Nel momento in cui viene contestata un’infrazione, l’affissione del codice disciplinare deve essere in atto: significa che se il documento non è esposto quando viene irrogata una sanzione, il provvedimento è da considerarsi nullo e non può essere rinnovato, dato che la previa conoscenza o valida conoscibilità della normativa disciplinare è condizione essenziale per l’attivazione del procedimento disciplinare. L’onere della prova, in questo caso, spetta al datore di lavoro.
Se l’azienda ha diverse sedi produttive, il codice disciplinare deve essere affisso in ciascuna di esse.
Codice disciplinare: la determinazione delle infrazioni
Le infrazioni che comportano il rischio di sanzione secondo quanto riportato dal codice disciplinare devono essere determinate in forma sufficientemente chiara e schematica: i comportamenti non consentiti devono essere individuati unicamente con riguardo alle loro caratteristiche essenziali e non nel dettaglio, anche se devono avere specificità tale da escludere eventuali interpretazioni ambigue da parte del datore.
La discrezionalità di quest’ultimo è limitata all’attuazione e all’adattamento delle sanzioni in relazione alle concrete inadempienze del lavoratore.
Codice disciplinare: alcuni esempi di infrazioni punibili
Le infrazioni più comuni che riguardano la violazione dei princìpi di diligenza, obbedienza e fedeltà sono:
- la mancata o irregolare esecuzione della prestazione lavorativa;
- i ritardi e assenze ingiustificate;
- il danneggiamento di impianti aziendali, materiali di lavorazione o prodotti finiti, oppure omesso tempestivo avvertimento di eventuali guasti a macchine o del loro evidente irregolare funzionamento;
- i comportamenti vietati durante la malattia che possono ritardare la guarigione;
- le condotte in grado di turbare l’organizzazione del lavoro;
- l’insubordinazione o gli alterchi con i colleghi;
- la violazione delle norme di salute e sicurezza nelle lavorazioni, nel deposito, nel trasporto o nella vendita;
- la violazione di divieti specifici;
- la concorrenza con il datore di lavoro.
Commette recidiva il lavoratore che, nell’arco di 2 anni, reitera il comportamento che ha dato luogo ad un precedente provvedimento disciplinare.