Cosa rischia il dipendente che non si presenta al lavoro senza comunicarlo al datore?
Poiché il Codice civile impone al dipendente di comportarsi secondo buona fede e correttezza, questi deve sempre comunicare al proprio datore l’eventuale impossibilità di presentarsi al lavoro, documentandone le ragioni. Ciò vale sia in caso di malattia, sia qualora intenda avvalersi di eventuali congedi previsti dalla legge o dai contratti collettivi. L’assenza non comunicata o priva di motivazioni si considera ingiustificata e, come tale, fonte di responsabilità disciplinare.
Proprio per via delle conseguenze sul piano sanzionatorio che tale comportamento può determinare in capo al dipendente, cerchiamo di comprendere, più nel dettaglio, quando è assenza ingiustificata dal lavoro e cosa si rischia.
Cosa si intende per assenza ingiustificata?
Rientra nel concetto di assenza ingiustificata:
- l’assenza non comunicata al datore;
- l’assenza comunicata ma non motivata da cause oggettive.
La prima avviene all’insaputa del datore. La seconda invece è quella che si consuma senza una valida ragione o quando il datore ha espressamente negato al lavoratore il permesso di assentarsi e questi ha ugualmente agito secondo la propria volontà.
Cosa comporta l’assenza ingiustificata?
L’assenza ingiustificata costituisce violazione di due doveri fondamentali che il Codice civile pone sul dipendente: quello di osservare gli obblighi di diligenza e di fedeltà (così previsto dall’art. 2104 Cod. civ.), nonché le regole di correttezza e di buona fede (così previsto dagli artt. 1175 e 1375 Cod. civ.).
Pertanto, si tratta di un illecito civile di natura contrattuale e disciplinare che può essere sanzionato dal datore di lavoro.
Le sanzioni sono di solito determinate dal contratto collettivo sulla base dei giorni di assenza ingiustificata. Tuttavia, in assenza di indicazioni del Ccnl, spetta al datore stabilire la giusta punizione sulla base della gravità del caso concreto. Le valutazioni da fare sono la durata dell’assenza, la volontarietà della stessa e quindi le ragioni che l’hanno determinata, l’eventuale danno arrecato all’azienda, l’importanza delle mansioni rivestite dal dipendente.
Le sanzioni tipiche che il datore può adottare sono:
- il richiamo verbale,
- l’ammonizione scritta,
- la sospensione,
- il trasferimento,
- il licenziamento.
Ad eccezione del richiamo verbale, per l’irrogazione di tutte le altre sanzioni è necessario inviare prima la contestazione disciplinare scritta dando al lavoratore 5 giorni di tempo per difendersi e/o chiedere di essere sentito di persona. All’esito viene decisa la sanzione da adottare. Ciò deve avvenire anche nel caso in cui l’assenza ingiustificata sia espressamente prevista come causa di licenziamento da parte del contratto collettivo nazionale.
Il licenziamento può scattare anche quando il comportamento del dipendente non abbia comportato danni all’azienda. È il caso della guardia giurata che, dovendo presidiare l’ingresso di una banca, non si presenti al lavoro senza comunicarlo al proprio datore: il semplice potenziale rischio causato al cliente è causa di licenziamento.
Quando scatta l’assenza ingiustificata?
A parere della giurisprudenza, per configurare l’assenza ingiustificata (salvo diversa previsione del Ccnl) è sufficiente che la mancata prestazione riguardi anche un solo giorno di lavoro, purché essa comunque determini una lesione del vincolo di fiducia che deve legare il datore al dipendente.
Per quanto concerne, invece, il calcolo dei giorni di assenza, la Suprema Corte, nel valutare la correttezza del computo dei giorni nel caso di un Ccnl che prevedeva per il licenziamento “oltre 4 giorni consecutivi” di assenza, ha ritenuto rilevanti solo i giorni lavorativi, da considerarsi consecutivi, anche se intervallati da giorni festivi o comunque non lavorativi [1].
Assenza ingiustificata e licenziamento per giusta causa
Quando l’assenza ingiustificata è particolarmente grave da ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario con il datore, il lavoratore può essere licenziato per giusta causa. Fermo quanto sopra, a titolo di esempio, si riportano alcune pronunce in tema di assenza ingiustificata:
- integra giusta causa di licenziamento il fatto del dipendente che si assenta dal lavoro per godere delle ferie nonostante la revoca della concessione comunicatagli dal datore di lavoro, che aveva precedentemente consentito a che fossero godute in quello stesso periodo, in quanto il potere di scelta del periodo di godimento del riposo annuale è attribuito al datore, quale evidente specificazione del potere direttivo [2];
- è illegittimo il licenziamento per un’assenza di meno di 3 ore del dipendente che non è adibito a mansioni richiedenti un particolare grado di fiducia e che non determina disagi e disfunzioni nell’ambito dell’organizzazione aziendale [3];
- è illegittimo il licenziamento del dipendente che non effettua cure termali per 2 giorni su un totale di 10 giorni coperti da permessi retribuiti, se il Ccnl prevede la sanzione espulsiva a partire da 3 giorni di assenza [4];
- l’omessa affissione del codice disciplinare non rileva ai fini della legittimità del licenziamento, posto che l’obbligo di rendere la prestazione rientra tra i doveri fondamentali del lavoratore, quindi la sua inosservanza non va portata a conoscenza del lavoratore [5];
- è legittimo il licenziamento del dipendente che non solo si è assentato dal lavoro per 3 giorni consecutivi senza giustificare l’assenza, ma ha fornito, al fine di giustificare la sua condotta, giustificazioni risultate non vere: si tratta di circostanze dimostrano la mancanza di buona fede e che sono idonee a ledere irrimediabilmente la fiducia che sta alla base del rapporto di lavoro, tenuto conto della sua elevata qualifica e della posizione ricoperta [6];
- è legittimo il licenziamento del lavoratore assente senza giustificazione dal corso di formazione in materia di sicurezza [7].
Malattia e assenza ingiustificata
Secondo la Cassazione [8], il mancato invio al datore di lavoro del certificato medico nei termini previsti dalla legge o dal Ccnl, con la conseguente scopertura di 4 giorni, legittima il licenziamento per assenza ingiustificata.
Trasferimento e assenza ingiustificata
Sempre secondo la Suprema Corte, è ingiustificata l’assenza del dipendente presso la nuova sede in cui questi sia stato trasferito nonostante la sua opposizione al trasferimento stesso. Deve essere il giudice ad annullare prima il provvedimento del datore. Il rifiuto a prendere servizio presso la nuova sede però non può essere causa di licenziamento se tale trasferimento è contrario a buona fede e correttezza, come nel caso di un lavoratore che assiste un familiare disabile con la legge 104.
Ferie e assenza ingiustificata
In linea di principio, spetta al datore di lavoro stabilire il periodo di ferie, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore. È quindi ingiustificata l’assenza per ferie – anche nel caso in cui vi sia un notevole arretrato in termini di giorni di ferie da “smaltire” – ove il datore non abbia autorizzato l’assenza o, dopo avervi consentito, cambi idea, disponendo la prosecuzione dell’attività.
Detenzione e assenza ingiustificata
È legittimo il licenziamento di colui che, sottoposto a carcerazione preventiva, non fornisce alcuna motivazione al datore (se non dopo aver ricevuto contestazione dell’assenza) e non prova l’impossibilità di avere contatti con l’esterno o un giustificato impedimento [9].
Dimissioni e assenza ingiustificata
Spetta al datore di lavoro dimostrare che l’assenza del dipendente è imputabile alla sua volontà di dimettersi. In assenza di tale prova, l’assenza priva di giustificazione resta un illecito disciplinare con conseguente possibilità di contestazione e di licenziamento.
Durante l’assenza ingiustificata si ha diritto allo stipendio?
Durante l’assenza ingiustificata il lavoratore non matura il diritto alla retribuzione, corrente o differita. L’assenza ingiustificata non fa maturare il diritto di ricevere la copertura contributiva previdenziale e assistenziale né, per il medesimo periodo, può essere richiesto il riscatto.
note
[1] Cass. 25 marzo 2013, n. 7390.
[2] Trib. Roma 22.5.2006, n. 10142
[3] Cass. 11.2.2013, n. 3179
[4] Cass. 23 luglio 2012, n. 12774;
[5] Cass. 29 febbraio 2012, n. 3060 (nello stesso senso anche Trib. Roma 8.6.2012);
[6] Cass. 7.10.2016, n. 20218
[7] Cass. 7 gennaio 2019, n. 138.
[8] Cass. 7.5.2013, n. 10552.
[9] Cass. 16 novembre 2017, n. 27201