Attraverso il tentativo di conciliazione monocratica avanti alla direzione provinciale del lavoro è possibile risolvere le controversie tra datore di lavoro e dipendente; in questo modo l’azienda può evitare gli accertamenti e le sanzioni.
La conciliazione monocratica rappresenta un importante strumento volto a risolvere le controversie tra datore di lavoro e lavoratore: infatti, in caso di esito positivo della conciliazione, non si attivano gli accertamenti ispettivi a carico dell’azienda.
Conciliazione preventiva
È anzitutto possibile procedere a conciliazione monocratica nelle ipotesi di richieste di intervento ispettivo rivolte, dal lavoratore dipendente, alla Direzione Provinciale del lavoro dalle quali emergano “elementi per una soluzione conciliativa della controversia”.
La semplice presentazione di una richiesta di intervento non obbliga l’organo ispettivo poiché non si è ancora proceduto ad alcun accertamento in ordine all’effettiva esistenza o alla veridicità delle situazioni e delle circostanze rappresentate, a meno che dalle stesse non emergano evidenti e chiari indizi di violazioni penalmente rilevanti: solo in tal caso è necessario procedere all’accertamento ispettivo.
La procedura conciliativa è avviata dalla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente, mediante un proprio funzionario, anche con qualifica ispettiva e durante la stessa le parti convocate possono farsi assistere da associazioni o organizzazioni sindacali ovvero da professionisti cui abbiano conferito specifico mandato.
Le parti possono presentarsi personalmente oppure farsi rappresentare da persone munite di apposita delega a transigere e conciliare (spesso avviene nei confronti di un avvocato). L’eventuale dissenso preventivo comunicato dal lavoratore non rappresenta comunque un elemento preclusivo al tentativo di conciliazione monocratica [1].
In caso di accordo, il verbale sottoscritto dalle parti acquisisce efficacia esecutiva con decreto del giudice competente, su istanza della parte interessata.
Il procedimento ispettivo si estingue:
a) con il pagamento integrale da parte del datore di lavoro, nel termine stabilito nel verbale stesso, delle somme dovute a qualsiasi titolo al lavoratore;
b) con il versamento totale dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi determinati nel rispetto dei minimali e con riferimento alle somme concordate in sede di conciliazione, nonché al pagamento delle sanzioni [2].
Nella ipotesi invece di mancato accordo oppure di istanza di una o di entrambe le parti convocate, attestata da verbale, la Direzione provinciale del lavoro dà seguito agli accertamenti ispettivi.
Conciliazione contestuale
La conciliazione monocratica può inoltre aver luogo nel corso della attività di vigilanza qualora l’ispettore ritenga che ricorrano i presupposti per una soluzione conciliativa, salvo ovviamente che abbia già acquisito oggettivi, certi e sufficienti elementi di prova di condotte illecite.
Il Ministero del lavoro ritiene che la conciliazione contestuale possa trovare utile applicazione nel caso in cui l’azienda occupi un solo lavoratore (a prescindere dalla tipologia contrattuale utilizzata) a meno che, in relazione agli elementi di prova acquisiti in occasione del primo accesso ispettivo, lo stesso lavoratore non possa considerarsi “in nero”[3].
Casi particolari
La conciliazione monocratica, sia preventiva che contestuale, può attivarsi anche nelle ipotesi in cui il lavoratore non sia un lavoratore subordinato ma sia, invece, titolare di un rapporto di lavoro autonomo (es. contratto a progetto o collaborazione coordinata e continuativa).
note
[1] Ministero Lavoro, circolare n. 36/2009.
[2] Di cui all’art. 116, c.8, lett. B), L. n. 388/2000 (sanzione civile pari al TUR maggiorato di 5,5 punti: cfr. la risposta ad interpello del Ministero del lavoro n.5222 del 26.10.2006).
[3] Ministero del Lavoro, circolare n.36/2009.