Contratto di lavoro intermittente: le ipotesi oggettive inserite nei contratti collettivi

Il rapporto di lavoro “intermittente”, detto anche lavoro a chiamata o job on call, è una tipologia contrattuale flessibile, con cui il prestatore di lavoro si rende disponibile a svolgere una determinata prestazione lavorativa su chiamata del datore di lavoro.

Ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs 81/2015, il lavoratore intermittente ha diritto ad un trattamento economico e previdenziale analogo a quello riconosciuto ad un lavoratore di pari livello, riproporzionato alla quantità di lavoro effettivamente prestato.

Il contratto di lavoro Intermittente deve seguire, a pena di nullità, la forma scritta e può realizzarsi a tempo indeterminato o a tempo determinato. Il contratto di lavoro deve indicare:

  • La durata;
  • Le ipotesi oggettive o soggettive che ne hanno consentito l’applicazione;
  • L’eventuale disponibilità alla chiamata da parte del datore di lavoro e del relativo preavviso, che non può in ogni caso essere inferiore ad un giorno lavorativo;
  • Il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa;
  • La mansione e il livello di inquadramento;
  • Il trattamento economico e normativo spettante sia per la retribuzione ordinaria, sia per l’eventuale diritto all’indennità di disponibilità;
  • Le misure di sicurezza da adottare, relative al tipo di attività da eseguire.

E’ bene ricordare che il datore di lavoro deve effettuare adeguata e preventiva valutazione dei rischi, allo scopo di adottare i necessari provvedimenti atti a garantire il miglioramento dei livelli di sicurezza ai sensi del D.Lgs. 81/2008.

Il ricorso al contratto di lavoro Intermittente può avvenire solo se ricorrono le ipotesi oggettive o soggettive che ne rendono possibile la sua attuabilità.

  • Le ipotesi oggettive sono esigenze individuate dai contratti collettivi, che fanno esplicito riferimento alla possibilità di svolgere prestazioni lavorative con contratto di lavoro intermittente. In assenza di regolamentazione da parte dei CCNL si fa riferimento al Decreto Ministeriale del 23 ottobre 2004 che riprende il Regio Decreto n. 2567 del 1923 contenente l’elenco delle occupazioni per le quali è possibile ricorrere al lavoro discontinuo.
  • Le ipotesi soggettive per cui è possibile utilizzare il contratto di lavoro intermittente, per tutte le tipologie di attività lavorativa, sono:
  1. Soggetti con età inferiore a 24 anni (23 anni e 364 giorni)
  2. Soggetti con età superiore a 55 anni (anche pensionati)

Nel caso in cui si faccia ricorso al contratto intermittente con ragazzi di età inferiore a 24 anni, si precisa che, il contratto può essere stipulato con soggetti di età non superiore a 24 anni, quindi, 23 anni e 364 giorni, ma la prestazione lavorativa può essere svolta entro il compimento dei 25 anni. Raggiunti i 25 anni, viene meno il requisito soggettivo. Esistono delle ipotesi di esclusione per cui è vietato fare ricorso al contratto di lavoro Intermittente:

  • Sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
  • Aziende in cui si è operato, nei sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi, sospensione di rapporti di lavoro o riduzione di orario con diritto ad integrazione salariale per soggetti con medesima mansione per la quale si vorrebbe fare ricorso al contratto di lavoro intermittente;
  • Assenza di Valutazione dei rischi.

Nel contratto di lavoro Intermittente può essere pattuito l’obbligo da parte del lavoratore di rispondere positivamente alla chiamata, il lavoratore, in questo caso, oltre alla normale retribuzione in base alle ore effettivamente lavorate, avrà diritto anche alla relativa indennità di chiamata. Diversamente, se nel contratto individuale non viene pattuito l’obbligo di rispondere alla chiamata, il lavoratore potrà rifiutarsi di adempiere alla chiamata e non avrà diritto all’indennità di disponibilità.

Il contratto di lavoro Intermittente può essere stipulato a tempo determinato, ovvero, con l’indicazione precisa della scadenza o a tempo indeterminato. La durata massima del contrato non può eccedere le 400 giornate nell’arco di tre anni solari, fatta eccezione per i settori:

  • Turismo;
  • Pubblici esercizi;
  • Spettacolo.

Nei casi di superamento del limite della durata massima, il contratto viene trasformato in rapporto a tempo pieno e indeterminato.
Come ben sappiamo, la legge n.96/2018 ha modificato parte del Decreto Legislativo 81/2015, in riferimento al contratto a tempo determinato contenuto agli artt. da 19 a 29, modificandone la durata massima, e prevedendo specifiche e stringenti causali al superamento dei 12 mesi, o nei casi di rinnovo contrattuale, rendendo di fatto inattuabile il ricorso a questo questa tipologia contrattuale nei casi di lavori discontinui, ad esempio nel periodo dei picchi stagionali.

Il Decreto Legislativo 81/2015 agli artt. da 13 a 18, contiene anche la disciplina sul lavoro intermittente, che non è stato oggetto di modifiche dalla legge n.96/2018 e che non sconta, anche in caso di sottoscrizione a tempo determinato, le caratteristiche del contratto a tempo determinato tipico.

Alcuni contratti collettivi, come ad esempio il CCNL Studi Professionali, hanno adeguato le ipotesi oggettive per cui è possibile ricorrere alle prestazioni occasionali, pertanto, in una fase come quella che gli Studi professionali vivono nei primissimi mesi dell’anno, in occasione dell’intensificarsi delle scadenze, o in periodi di piena attività, è possibile ricorre a questa tipologia contrattuale, senza necessità di imbattersi in cervellotici calcoli di fattibilità, posti in essere sui contratti a tempo determinato.


22 Febbraio 2019


Fonte : Fiscal Focus