La cosiddetta Gig economy è un particolare sistema che riesce a fare a meno dei classici contratti a tempo indeterminato o alle prestazioni continuative.
Negli ultimi mesi le questioni legate al rapporto di lavoro dei riders nel tempo della c.d. “economia digitale” hanno assunto una specifica rilevanza sia a fronte delle rivendicazioni degli operatori (da cui nasce la “carta del Lavoro” di Bologna) che delle iniziative legislative portati avanti in alcuni ambiti regionali come il Lazio ed il Piemonte, che dai tavoli di trattativa ministeriali convocati dall’Esecutivo, che, infine, dall’accodo sottoscritto il 22 luglio scorso tra le organizzazioni sindacali che avevano siglato il CCNL della logistica ove, i “fattorini riders” vengono inquadrati come lavoratori dipendenti all’interno dell’ara C, attraverso un “coniugio “ tra la qualità e la sicurezza sul lavoro. Tale previsione contrattuale si applica alle aziende della logistica aderenti alle associazioni stipulanti ma, al momento, non “tocca” quelle imprese, che utilizzano la stragrande maggioranza dei rider, che non vi sono iscritte.
Su questo vorticoso numero di iniziative che ha lo scopo comune di aumentare le tutele dei lavoratori i quali si trovano, spesso, ad essere in una condizione economica e assicurativa molto deficitaria, sono intervenute le decisioni dei giudici di merito (nel caso di specie i Tribunali di Torino e Milano) che, sulla base della normativa attuale, si sono pronunciati per l’assenza della subordinazione.
Di particolare importanza è la decisione dei giudici meneghini, depositata lo scorso 10 settembre, che, attraverso una ricostruzione giuridica delle varie fasi della prestazione, sono giunti alle conclusioni appena evidenziate.
Il percorso seguito parte dalla constatazione che, mediante una applicazione installata sul telefono cellulare, il rider può indicare sia i giorni che le ore in cui offre la propria disponibilità sulla base di un calendario predisposto dal committente. Tale disponibilità non è assoluta, nel senso che pu , sempre, essere oggetto di revoca o modifica, pur se ci , a fini organizzativi, deve pervenire entro un determinato periodo.
Ma, cosa avviene, nel concreto, durante il periodo di disponibilità?
Il fattorino si rende disponibile nell’area assegnata e riceve, attraverso l’applicazione, le proposte di consegna che è libero di accettare o non accettare, senza che sia previsto alcun obbligo specifico o un numero minimo di consegne.
Indubbiamente, un comportamento negativo determinato da un certo numero di rifiuti, da “scollegamenti” alla piattaforma o da giudizi non positivi dei clienti, può portare a delle limitazioni future circa l’attività e la scelta della fascia oraria di disponibilità.
Sulla base di tali verifiche il Tribunale di Milano afferma che la libertà di aderire o meno alla proposta lavorativa, di per se stessa, appare incompatibile con la subordinazione, pur se le modalità di offerta sono standard in quanto rispondono a condizioni fissate in precedenza ed a limiti temporali ridotti.
I giudici hanno preso in considerazione anche il sistema di punteggio che misura l’affidabilità del rider ed il relativo gradimento e sono pervenuti alla conclusione che non ci trova di fronte all’esercizio del potere disciplinare e che, quindi, non può , assolutamente, essere richiamato l’art. 7 della legge n. 300/1970, in quanto il sistema adottato non dà luogo a sanzioni punitive o afflittive ma soltanto ad una possibile rimodulazione delle disponibilità in ordine ai tempi ed ai giorni delle prestazioni, cosa che comporta una riduzione delle opzioni lavorative. Ma, tutto questo, non configura un etero direzione (cosa che avrebbe, sicuramente, ricondotto il tutto nell’alveo della subordinazione), né appaiono particolarmente significativi altri elementi che possono portare alla subordinazione e che, pure in altre circostanze, hanno convinto la Magistratura circa la bontà di tale soluzione. Ci si riferisce al rispetto di un orario di lavoro, alla continuità della prestazione, all’assenza di rischio o all’inserimento nella organizzazione aziendale.
Da ultimo, il Tribunale di Milano ha esaminato la questione alla luce dell’art. 2 del decreto legislativo n. 81/2015, laddove il Legislatore ha affermato che “si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro “.
Ebbene, secondo i giudici, nel caso concreto, non può trovare applicazione la riconduzione a rapporto di lavoro subordinato prevista dalla suddetta disposizione, in quanto alla richiesta del committente di svolgere la prestazione entro un determinato periodo temporale (cosa che avviene rispondendo positivamente all’invito apparso sull’applicazione), il fattorino può opporre sia il proprio rifiuto che la scelta autonoma del periodo in cui offrire la propria prestazione.
Fin qui il Tribunale di Milano che si pone sulla stessa linea interpretativa fornita dal Tribunale di Torino con la sentenza n. 778 del 7 maggio 2018: probabilmente, in punta di diritto esistente, la situazione è quella che i giudici di merito hanno ricostruito. Sul piano strettamente sociale, per, si pone la questione di aumentare le tutele economiche, assicurative e previdenziali di tali prestatori che lavorano “ai margini del mondo del lavoro” e che, nella maggior parte dei casi, pur avendo storie personali differenti e variegate, svolgono la loro attività in condizioni di estrema precarietà, con rischi che, al momento, ricadono interamente sulle loro spalle: e questo non è eticamente giusto.