Accordi di prossimità: per quali materie è possibile la deroga alla legge e ai CCNL.

Gli accordi di prossimità possono derogare alle disposizioni di legge ed alla contrattazione collettiva nazionale. Nello specifico, la contrattazione di prossimità offre ai datori di lavoro una enorme flessibilità, fermi restando però alcuni limiti da rispettare. Quali sono? Come si individuano le normative su cui è consentito un trattamento differenziato per i lavoratori?
All’epoca dell’introduzione dell’art. 8 della legge n. 148/2011 si sollevarono diverse preoccupazioni circa l’ampiezza della possibilità di deroga che la normativa permetteva in sede di contrattazione decentrata. In verità, poi nel concreto la norma non ha spinto a particolari rivoluzioni, ma rimane uno strumento molto utile perché capace di leggere, in accordo fra le Parti sociali, le esigenze della singola azienda tanto più in momenti di crisi. L’art. 8 infatti permette, entro certi limiti e per specifiche materie, di derogare le disposizioni di legge e i contratti collettivi nazionali di lavoro mediante contratti collettivi sottoscritti a livello aziendale e territoriale (detti anche per l’appunto “accordi di prossimità”).

Quali sono le materie oggetto di deroga

Detti accordi, che possono dunque derogare tanto alla legge quanto alla contrattazione nazionale (ma non, come è ovvio, a Costituzione e leggi comunitarie), possono intervenire in un ampio range di materie e derogare alle normative su:
a) impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;
b) mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;
c) contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile,
d) solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
e) orario di lavoro;
f) assunzionetrasformazione e conversione dei contratti di lavoro;
g) conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione ovviamente per il licenziamento discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice nei periodi protetti.

Quali sono i limiti alla possibilità di deroga

Basta quindi vedere l’ampiezza di questo elenco per comprendere la potenzialità di questo strumento, capace di offrire ai datori di lavoro una enorme flessibilità, fermi restando alcuni, invero comprensibili, limiti e condizioni che la norma impone.
Innanzitutto, perché la deroga possa essere valida, il contratto collettivo di prossimità deve consistere in un accordo collettivo di livello aziendale o territoriale, stipulato con organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero loro rappresentanze sindacali operanti in azienda.
In secondo luogo, tali accordi devono ovviamente muoversi, per quanto derogatori in peius rispetto alla legge o alla contrattazione collettiva nazionale, nella cornice di rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro.
Inoltre, i contratti di prossimità devono avere un precipuo scopo ed essere “finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività”.
Da ultimo, come è comprensibile vista la natura della norma, l’elenco delle materie derogabili ha natura tassativa e non consente ampliamenti attraverso il ricorso ad interpretazioni analogico-estensive: la tassatività si desume, come evidenziato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 221 del 4 ottobre 2011, dall’art. 8, comma 2-bis secondo cui le specifiche intese “operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro”. Ciò significa che l’effetto derogatorio di cui al comma 2-bis può operare solo relativamente alle materie di cui comma 2.

Qual è lo scopo dell’accordo di prossimità

Tra tutti i limiti suddetti, interessante è sicuramente quello in ordine allo “scopo” che la normativa impone affinché la deroga sia legittima.
In sostanza, come anticipato, l’accordo derogatorio può introdurre un trattamento differenziato per i lavoratori purché tale differenziazione sia giustificata dal perseguimento delle finalità legislativamente individuate. Ed è su dette finalità che sarà chiamato il Giudice, in caso di contenzioso, a pronunciarsi, con gli ovvi rischi del caso, posto l’ambito collettivo di una tale pronuncia.
La giurisprudenza sul punto ha, inoltre, precisato che ai fini della validità di tali accordi non è sufficiente il mero richiamo in via generale alle finalità enunciate nel disposto normativo, ma è necessario che le parti contraenti indichino in maniera puntuale le finalità perseguite e le circostanze di fatto che giustificano il ricorso al regime derogatorio (si vedano ad es. Trib. di Firenze 528/2019 e C. App. Firenze 20 novembre 2017).
Ed ancora, ad esempio, sempre in tema di perseguimento delle finalità sopra indicate si è anche pronunciata la Cassazione, confermando la legittimità di un accordo aziendale ex art. 8 
L. 148/2011 che ha escluso il diritto a percepire l’indennità sostitutiva del preavviso per coloro che non avessero aderito all’esodo incentivato, pur avendone i requisiti, e fossero destinatari di un provvedimento di licenziamento nella successiva procedura di mobilità.
Nel caso di specie, secondo i giudici di legittimità, l’accordo in questione poteva legittimamente derogare in peius i contratti collettivi e le disposizioni di legge circa le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro (nella specie, il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso), purché perseguisse uno degli scopi previsti dalla legge: nel caso concreto, in una prospettiva di maggiore tutela dei lavoratori, era diretto a consentire il minor costo sociale dell’operazione e a salvaguardare la prosecuzione dell’attività di impresa e la relativa occupazione. La deroga, dunque, era stata introdotta proprio per la gestione di una ben nota situazione di crisi aziendale ed occupazionale (Cass. 19660/2019).

Conclusioni

La contrattazione di prossimità è quindi uno strumento che può divenire fondamentale in uno scenario, come quello attuale, di crisi economica e di esigenza di flessibilità nel mercato del lavoro in generale e all’interno delle aziende più in particolare. D’altro canto, chi meglio di coloro che vivono quotidianamente le vicende interne all’azienda, datori di lavoro e rappresentanti dei lavoratori, può conoscere le singole situazioni e le particolari soluzioni agli specifici problemi che ogni impresa si trova ad affrontare?
Insomma, ancora una volta, a fronte di un legislatore spesso rigido e con gli ovvi limiti di una formulazione della legge che sia generale ed astratta, saranno le Parti sociali a poter sbrogliare la matassa e scendere nel concreto delle soluzioni, costruendo solide relazioni industriali.

9 Ottobre 2024


Fonte : WOLTERS KLUWER – Ipsoa Lavoro